“Abbiamo un rapporto fraterno, più profondo dell’amicizia. Con lui ho condiviso esperienze meravigliose: prima a Monza e poi al Milan per quasi 28 anni”.
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“L’unica volta che siamo andati insieme a guardare un calciatore era per Andriy Shevchenko. Siamo andati a Kiev insieme, ma quella sera Shevchenko non era in forma o ben predisposto e aveva giocato una partita sottotono. Adriano non era convinto di questo giocatore perché chiaramente non aveva avuto una buona impressione. Io però l’avevo visto in precedenza e mi era sembrato un giocatore con delle qualità, importante, potente, con una capacità di arrivare al gol in una maniera straordinaria. Capiva il gioco, aveva l’intuizione e nel calcio è fondamentale: 2+2 non fa 4, ma l’intuizione è fondamentale, quindi lui arrivava al posto giusto al momento giusto. A me era piaciuto per questo: poi comunque l’ho convinto, è arrivato al Milan e ha fatto 176 gol, diventando il secondo capocannoniere della storia del Milan dopo Gunnar Nordhal”.
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