Sulla possibilità che sia una questione di atteggiamento: «Assolutamente. Il Milan a Firenze ha perso innanzitutto perché ha desiderato meno la vittoria di quanto lo abbiano fatto gli avversari».
Sulla paternità della colpa, più dell'allenatore o dei giocatori: «Difficile dirlo dall’esterno. Di sicuro la squadra aveva perso continuità già con Stefano Pioli dopo lo Scudetto. Intendo in fatto di rabbia e cattiveria. Con Paulo Fonseca le cose da questo punto di vista non stanno migliorando».
Sugli episodi dei rigori 'scippati' da Theo Hernández e Tammy Abraham a Christian Pulisic: «Ciò che è accaduto è semplicemente inaccettabile. Quando si prepara una partita, si fanno e comunicano delle scelte ben precise. Vale per i corner, le punizioni e naturalmente i rigori».
Sulla scena ripetutasi nella ripresa con Abraham: «Non deve esistere mai che i calciatori facciano quello che vogliono. Poi però vedi il capitano della squadra, colui che dovrebbe portare sul campo il dettame dell’allenatore, prendere il pallone e decidere praticamente in autonomia che il primo rigore lo calcia lui. Non va bene…».
Sull'espulsione di Theo Hernández a partita finita: «Altro comportamento non da Milan. Chi porta la fascia al braccio deve essere un leader, il simbolo della squadra. Ce li ricordiamo Franco Baresi e Paolo Maldini no? Hernández, invece, ha portato solo negatività al gruppo con i suoi atteggiamenti».
"Fuori Leão? Non criticherò Fonseca per una scelta tecnica o tattica"
—Sui 4-5 'capitani a rotazione di Fonseca: «Se mi convince come scelta? Mah, non troppo. Possibile che in una classe ci siano 4-5 studenti da 9 in pagella? Ecco, in una rosa funziona un po’ allo stesso modo. Per me il capitano è una cosa seria, infatti lasciai il ruolo di Commissario Tecnico dell’Inghilterra perché tolsero la fascia a John Terry contro il mio parere».
Su Fonseca finito nel mirino dei tifosi per aver sostituito Rafael Leão a Firenze: «È innegabile che Leão nella ripresa stesse facendo delle cose interessanti. Era in partita, a differenza di altre volte. Fonseca, però, ha spiegato le ragioni del cambio con Noah Okafor. Voleva più profondità e di sicuro lo svizzero ne garantiva più di Rafa. Io non criticherò mai un allenatore per una scelta tecnica o tattica: si è giocato una carta in più, poi può pure essere andata male, ma è il suo dovere prendere delle decisioni».
Sull'errore di Fikayo Tomori, che salta a vuoto in occasione del secondo gol viola: «A questi livelli è la prima volta che vedo un attaccante fare un assist di schiena sul rinvio del portiere. Anche se certe cose da allenatore le puoi preparare quanto vuoi, l’imprevisto poi capita comunque. Ricordo al Mondiale in Sudafrica che io tenni la difesa dell’Inghilterra per quasi mezzora a fine allenamento per una sessione extra specifica sulle palle lunghe e i duelli aerei. Risultato: contro la Germania, al primo rilancio, lasciamo spizzare di testa il centravanti e poi prendiamo gol».
Su cosa può fare ora Fonseca per far svoltare di nuovo il Milan: «Lavorare sull’aspetto psicologico per ritrovare lo spirito giusto. Se Tomori non è più lui, Leão non è più lui, Theo non è più lui e via dicendo, il problema non può essere solamente tecnico. Ma non è mai facile entrare nella testa dei giocatori e poi la maggior parte del gruppo adesso sarà via con le Nazionali».
Su Fonseca che sembra non avere la squadra in mano: «Da fuori il dubbio è legittimo. I giocatori ragionano per conto proprio, per giunta accontentandosi, senza la cattiveria giusta, con atteggiamenti discutibili. Così troppo spesso il Milan pare non avere un’anima». LEGGI ANCHE: Milan, con Daniel Maldini un errore di calciomercato. Attenzione che non tocchi a … >>>
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