Sull'impatto avuto dall'inglese nella squadra di Stefano Pioli: «Sicuramente è uno degli uomini in più della squadra. Non è mai facile per i calciatori inglesi che vanno all’estero riuscirsi ad imporre. La storia lo insegna, non ce ne sono tanti. Io ho avuto sempre molta fiducia che il suo abbinamento fisicità-tecnica lo avrebbe portato lontano. Il suo punto debole era di non segnare tante reti, di non mettere la sua impronta nelle gare con gol e assist, nonostante giocasse in zone del campo dove questo fosse richiesto. Quest’anno ha già segnato cinque gol e fornito assist, i numeri stanno arrivando, così può fare la differenza».
Su com'era Loftus-Cheek da giovane: «La prestanza fisica di Ruben è sempre stata quella che dava maggiormente nell’occhio. Lui è sempre stato uno dei più alti, forti e fisici di tutti i suoi gruppi di età. Il fatto che sia stato sempre così fisicamente prepotente l’ha però abbinato ad una grossa tecnica, cosa non sempre naturale. È stata la ragione per cui Loftus-Cheek è stato uno dei migliori giocatori dell’Academy, arrivando molto presto in prima squadra. La sua storia è stata di alti e bassi, anche causa di più stop. Quello l’ha penalizzato nel suo percorso. Poi ha avuto l’infortunio al tendine d’Achille che l’ha tenuto fuori parecchio, è stato per lui un grosso set-back. Immagino che il suo obiettivo fosse quello di rimanere e di diventare un giocatore importante per il Chelsea, sono sicuro lui ami i 'Blues'. Ma è stato allenato da parecchi allenatori, ricoprendo tante posizioni e non si capiva mai dove potesse rendere meglio. Il suo è stato un viaggio non liscio, che l’ha forgiato. Ora sono molto contento di vedere si stia togliendo soddisfazioni al Milan, in un club che per me è particolare».
"Ha tempi da mezzala e la visione del 10. Ora ha trovato una nuova sfida"
—Su qual è il suo ruolo migliore sul terreno di gioco: «Difficile da dire. Lui potenzialmente ha la capacità e i tempi d’inserimento di una mezzala, soprattutto se giochi con un centrocampo a tre. Ma ha la visione del 10, quindi può giocare dietro alla punta. La questione è quella di abbinare numeri importanti, cioè gol e assist, a dove ti schierano. Questo è quello che era mancato a Ruben. Ora ha trovato un nuovo stimolo, una nuova sfida. Qui, a casa sua, è sempre stato protetto, al Milan è dovuto uscire dal guscio. Ha dovuto dimostrare doti che qui erano più ovattate».
Sulla possibilità che diventi un rimpianto per il Chelsea: «Non credo. Lui è nel pieno della sua maturità. Noi abbiamo cambiato filosofia, puntiamo su giocatori molto giovani. Sono contento che si stia togliendo delle soddisfazioni. Noi lo teniamo d’occhio con piacere, ma per un mero discorso d’affetto».
Sui consigli che ha dato, negli anni, a Loftus-Cheek: «Da osservatore dei calciatori girati in prestito l’ho avuto 'sotto le mie grinfie' per 4-5 anni. È un ragazzo molto riservato e tranquillo. Ha sofferto molto dopo l’infortunio perché non riusciva a tornare ai suoi livelli. Quando è andato in prestito al Fulham il mio era più un lavoro mentale, che di tecnica sul campo. Cercavo di aiutarlo a essere più positivo, a cercare di sconfiggere i demoni che aveva nel suo cervello post infortunio. Gli piace lavorare, l’essere professionista è una delle sue caratteristiche più importanti».
Su un aneddoto su RLC che ricorda con il sorriso: «Le racconto un episodio divertente. Arriva Conte e vuole incontrare tutti i calciatori nella pre-season. Nel meeting con Ruben, Antonio gli spiega sommariamente come vuole giocare e il ruolo dove lo vede. Per noi italiani la tattica è molto importante. Dopo 20 minuti c’era il fumo che gli usciva dalla testa (ride, n.d.r.). Qui la tattica conta, ma è un discorso diverso. Era ‘stanco’ nel cercare di capire cosa Conte gli chiedesse (ride, n.d.r.). Aveva 20 anni, era un giovane di prospettiva, Antonio aveva piacere a coinvolgerlo». LEGGI ANCHE: Milan-Rennes, da Kjær a Thiaw e Chukwueze: le ultime dalla rifinitura di Milanello >>>
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