L'ex tecnico e giocatore del Milan, Gennaro Gattuso, oggi al Valencia, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di 'AS', celebre quotidiano spagnolo, in cui parla dei suoi trascorsi da allenatore e dei cambiamenti apportati alla sua idea di calcio. Di seguito le sue parole.
INTERVISTE
Gattuso: “Valencia grande club: convinto di poter fare un buon lavoro”
Ex Milan, le parole di Gattuso sul Valencia e non solo
—Sui cambiamenti: "Ho corso tanto e tatticamente ero fortissimo, ma sicuramente nel calcio moderno mi mancherebbe qualcosa. Avevo carattere, ma per il modo in cui mi piace giocare non basta avere carattere. Ora vedo il calcio in modo totalmente diverso rispetto a quando giocavo. Se guardi le partite del Milan o del Napoli quando ero lì, non pressavamo in attacco. A Valencia è il primo anno che lo faccio".
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Sulle esperienze precedenti al Valencia: "Avevo firmato con la Fiorentina, ma dopo una settimana ho rinunciato: abbiamo parlato di tante cose e ho visto che non funzionava. Una settimana dopo Paratici mi ha chiamato per il Tottenham. Era chiuso al 99% ma non me la sono sentita. A ottobre e novembre ho ricevuto altre offerte ma non avevo la testa".
Sul Valencia: "Ad aprile, dopo la finale di Coppa, mi ha chiamato Anil Murthy e ci siamo incontrati a Milano. Mi ha detto che gli piaceva come lavoravano le mie squadre. Gli ho chiesto una settimana e ho studiato la squadra con Gigi Riccio. Il Valencia aveva uno stile totalmente diverso da come piace a me, ma ero convinto che con il tempo si potesse fare un ottimo lavoro. Il Valencia è un grande club".
Ancora sull'arrivo in bianconero: "Dopo due anni al Milan e due al Napoli, non potevo andare in una squadra senza storia o in una brutta città. Sapevo che stavo firmando con un grande club e che non sarebbe stato facile. Sapevo che i tifosi erano arrabbiati con il proprietario da anni e non giocavano in Europa. Ma ero convinto di fare un buon lavoro".
Su Amrabat: "Era da tanto che non vedevo un giocatore simile a me, ma l'ho visto ai Mondiali: Amrabat. Mi ha commosso molto, sembravo io quando giocavo a 27 anni. La vita era molto migliore quando giocavo, da allenatore proprio non ce l'hai. Devo ringraziare mia moglie, non so come stia ancora con me, ma in qualche modo devo cambiare, perché non puoi passare 18 o 19 ore a pensare al calcio".
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