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Rivera: “Vent’anni di Milan: grande e bellissima parte della mia vita”

intervista Rivera AC Milan
Gianni Rivera, ex fuoriclasse del Milan, ha rilasciato un'intervista a 'La Gazzetta dello Sport' oggi in edicola. Ecco le sue dichiarazioni
Daniele Triolo Redattore 

Gianni Rivera, ex fuoriclasse del Milan per ben 19 stagioni, dal 1960 al 1979, con 164 gol complessivi in 658 partite e 12 trofei vinti, ha rilasciato un'intervista per 'La Gazzetta dello Sport' oggi in edicola. Ecco, dunque, le dichiarazioni di uno dei storici numeri 10 rossoneri.

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Su cosa ha fatto in tutti questi anni: «Dopo aver smesso di giocare sono diventato vice presidente del Milan, poi sono stato 22 anni in Parlamento. Poi sono tornato al calcio in Federazione, 5 anni nel settore giovanile a Coverciano. Ho preso vari patentini, sono diventato allenatore professionista».


Sugli ottanta anni che compirà domani: «Un compleanno è sempre un buon giorno. C’è molta gente che agli 80 non arriva. Eppoi non esiste più il concetto dell’età. Paul McCartney e Mick Jagger a 80 anni fanno i concerti. Per non parlare di chi governa il mondo. Alla Casa Bianca, per esempio. L’astronauta John Glenn a 77 anni tornò nello spazio».

Sul realizzare tutti i suoi sogni: «Io mi sono sempre piaciuto come giocatore. Ho fatto di un hobby una professione. Non è poco, mi creda. Il bilancio totale? Molto, molto positivo. Sono stato fortunato, nella vita ho incontrato persone molto importanti. I miei genitori, mia moglie, i miei figli».

Sulle persone più importanti che ha incontrato nella sua vita sul campo: «Giuseppe Cornara, il primo vero allenatore. Ha convinto il presidente dell’Alessandria a tesserare i giocatori al di sotto dei 14 anni, come ero io. Poi Franco Pedroni, che ha avuto il coraggio di farmi esordire in Serie A. Non avevo ancora 16 anni. E il mio grande Paron, Nereo Rocco. Con lui ho condiviso gran parte della mia carriera. Ero uno della sua famiglia. A Milanello c’erano gli spogliatoi dei giocatori e quelli dello staff tecnico. Lui ha spostato il suo armadietto vicino ai nostri. Faceva la doccia con noi, ci raccontava della siora Maria, la moglie. E dei figli Bruno e Tito».

Sul Rivera juventino quando era all'Alessandria: «Sì, arrivavano solo notizie della Juve. Si tifava per Boniperti e John Hansen».

Sulle emozioni provate per l'esordio in Serie A contro l'Inter: «Ero frastornato, ma non emozionato. Pedroni disse: ragazzi, mi raccomando, niente bestemmie, oggi gioca un bambino. Ricordo Angelillo: voleva segnare a tutti i costi. Puntava solo alla classifica cannonieri...».

Rivera sulla sua esperienza al Milan: «Vent’anni. Mi sono alzato da tavola a 36 anni, con un po’ di fame. Ma con coppe, Scudetti, Palloni d’Oro e tanto altro. Il Milan è stata una grande, bellissima parte della mia vita».

Su Bologna-Milan di lunedì sera e sul Diavolo che vedremo: «Non lo so. Non lo so proprio. È andato via Tonali, hanno fatto una scelta legata a un programma. Non conosco i piani e i percorsi. Ne hanno presi molti, ma non so cosa potranno fare. Vediamo, aspettiamo. Ma non chiedetemi pronostici Scudetto. Non voglio fare brutte figure».

Sul numero 10, quello dei più forti, a Rafael Leão: «Vero. Ma ora conta meno di allora, tutti possono mettere qualsiasi numero. Allora erano dall’1 all’11 e ognuno aveva una determinata caratteristica. Poi un giorno ho visto il 10 indossato da un portiere. Se non ricordo male, Lupatelli del Chievo. È cambiato il mondo».

Sulle dimissioni di Roberto Mancini da Commissario Tecnico dell'Italia: «Sorpreso? Sì, mi ha colpito il modo. Ha mandato una mail, una pec. Mah... Doveva andar via prima, come aveva fatto Edmondo Fabbri quando abbiamo perso in Inghilterra con la Corea nel 1966».

Su Rivera possibile C.T. dopo il crack del 2017 con Gian Piero Ventura: «Non mi hanno preso. Si sono opposti perché non ero ancora allenatore, non avevo il patentino. Ne avevo parlato anche con Costacurta, era vice commissario F.I.G.C.. Sa cosa mi ha risposto? No, Rivera, non hai abbastanza esperienza. Aveva ragione, non avevo mai giocato al calcio».

Sulla possibilità che diventi C.T. ora che ha il patentino: «Se mi chiamano, vado subito. Anzi, mi propongo per fare il C.T.. Sono qui, sono libero. Allenavo quando andavo in campo da giocatore. Perché non farlo dalla panchina? È anche più riposante. Esperienza? Non ne ho bisogno, per vent’anni ho fatto spesso l’allenatore in campo. E poi sono nato sapendo già cosa fare».

Su quanto conta un tecnico per una squadra: «Quando giocavo io, il 20%. Ora è fondamentale: ci vuole una persona che si assuma la responsabilità di tutto ciò che succede».

Su Pippo Marchioro che, nel 1976, tolse il 10 a Rivera: «Mi ha dato il 7, non l’ho mai capito. È durato poco. Come è durata poco l’idea di Giagnoni di cedermi al Torino in cambio di Claudio Sala».

Sul perché Silvio Berlusconi e Rivera non hanno mai legato: «Perché lui non me lo ha consentito. Perché, l’ho sempre detto, considerava tutti al suo servizio e nessuno alla sua altezza».

Sul ricordo del suo primo Presidente al Milan, Andrea Rizzoli: «L’ho visto dopo un anno che ero al Milan, alla fine di un primo tempo. Era seduto su una panchina negli spogliatoi. Solo, quasi timido. Ho chiesto a Cesare Maldini: chi è quello? Ma come, non lo sai? È il Presidente Rizzoli».

Sull'interlocutore con cui trattava il suo ingaggio: «Con Gipo Viani prima e i d.s. dopo. Non c’era il procuratore. Facevo tutto io, anche a 18 anni».

Sul mercato dei club dell'Arabia Saudita: «Cosa succede? Me lo chiedo anch’io. Valeva la pena preoccuparsi tanto per i calciatori per poi scoprire che, vedi l’Arabia, la globalizzazione avrebbe cancellato tutto? Ormai vince solo il denaro e questo dice già quasi tutto. Abbiamo bisogno di gente che ragioni. Sia che occupino un seggio in Parlamento, sia che lavorino nel calcio. Vorrei per questo dare un mio contributo nel mondo calcistico, con amici che la pensano come me».

Sugli arbitri ancora oggi come i vigili: «No. Oggi c’è il V.A.R.. Con quello il Milan avrebbe vinto qualche Scudetto in più».

Sulla possibilità di acquistare il Bari: «Io e i miei amici finanziatori italiani siamo sempre pronti e disponibili a ogni tipo di operazione. Siamo in attesa che si organizzino i finanziatori con cui ho avuto contatti. Eravamo pronti ad acquistare il Bari, in Serie B o in Serie A, ma i proprietari, che non erano obbligati a vendere, hanno deciso di restare. Però l’offerta, fatta e comunicata, è sempre valida anche insieme a imprenditori locali». Via Krunic? Milan, ecco il tuo nuovo regista >>>

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