Sul mancato riscatto: “Non vorrei sembrare arrogante, ma in quei sei mesi sono stato di gran lunga il miglior giocatore della squadra. E c’erano Balotelli, Kaká, Robinho. I tifosi lo sapevano, Seedorf mi voleva bene, io stavo da Dio. Dopo soli due mesi si parlò del riscatto, ma in estate cambiò tutto. Inzaghi disse ai piani alti di non voler puntare su di me perché preferiva Cerci. Lo rispetto, ma sentirmi dire una cosa del genere no. Ora tutti vedono che carriera sta avendo come allenatore. Suo fratello ha fatto bene, lui invece …”.
Taarabt sulla depressione avuta dopo la mancata conferma nel Milan: “Ci ho messo 18 mesi a recuperare. Volevo mollare tutto. Immagina di indossare la maglia del Milan, giocare a San Siro, far sognare i tifosi e poi via, tutto finito. Quando sono tornato al QPR, un club che amo e rispetto, ero svuotato. Nella mia testa era impossibile giocare lì”.
Su come nacque la trattativa con il Milan: “Ero al Fulham. A fine gennaio Felix Magath prese il posto di Martin Jol, così io e Berbatov finimmo sul mercato. I giocatori migliori, mah. Lui andò al Monaco, mentre il mio agente mi chiamò per dirmi che avevamo un volo per il Milano. Pensai: ‘Com’è possibile che il Fulham non mi vuole e i rossoneri sì?’. Era impossibile rifiutare …”.
Sul miglior ricordo che ha di Milano: “I due esordi. In Champions, contro l’Atletico Madrid, e la prima presenza contro il Napoli al vecchio San Paolo. A mezzanotte Seedorf mi convocò in camera sua. ‘Kakà sta male, te la senti di giocare dall’inizio?’. ‘Certo’. Segnai dopo mezz’ora saltando tutti …”.
Su Clarence Seedorf: “Con me è sempre stato un grande, anche se all’inizio aveva qualche dubbio. Ricordo la prima conversazione in call che abbiamo avuto. Mi disse che aveva sentito storie sul mio conto, ma al tempo stesso chiarì che mi avrebbe giudicato solo lui. E così è stato. Ora siamo amici”.
Su Mario Balotelli: “Una volta arrivò all’allenamento con la Ferrari e il suo rottweiler dentro, a duecento all’ora. Andava così forte che il cane era completamente stordito. Sembrava un gatto. Il dottore gli spiegò che per un cane era deleterio andare forte. Ma avrei mille storie: un’altra volta, prima di una gara contro il Chievo, disse a Pazzini di scendere in campo dall’inizio perché lui non voleva giocare. Ovviamente Mario segnò dopo pochi minuti. Era buono, ma totalmente matto”.
Su SuperMario che disse come, tecnicamente, Taarabt fosse più forte di Neymar: “Molti mi hanno visto solo in campo, lui anche in allenamento. Ricordo la prima seduta al Milan. C’erano Kaká, Robinho, Balo, e nessuno di loro mi conosceva bene. Dopo qualche numero Robinho chiese a Seedorf da dove diamine arrivassi. ‘Non far giocare me mister, fai giocare Adel”, gli disse. Neymar però è Neymar, un giocatore che ho sempre amato vedere”.
Su Ricardo Kaká: “Ricordo una lite mai vista. So che sembra strano sentirselo dire perché Kaká è il ‘ragazzo perfetto’, ma è successo. Insomma, andò così: esercitazioni, attacco contro difesa, invece di servire Ricky passai il pallone a Balotelli, così lui iniziò a urlarmi addosso. ‘Diavolo, è Kaká!’, pensai. Rimasi stupito, ma non si fermava, quindi a un certo punto gli ho messo le mani al collo. Io capisco che sei Kaká, ma se urli io perdo la testa. Il giorno dopo, però, lui si scusò e mi portò fuori a pranzo. All’epoca lo spogliatoio aveva dei clan. Alcuni non volevano aiutare Seedorf, altri sì. Io ero nel mezzo”.
Su Flavio Briatore, suo Presidente al QPR: “Flavio è stato come un padre. Una volta Paulo Sousa non mi schierò titolare contro il Southampton, così gli mandai un messaggio: “Boss, questo è pazzo, non vuole farmi giocare”. In un’ora gli disse di infilarmi subito tra gli 11 titolari altrimenti lo avrebbe mandato via. Quando ero amato giocavo bene, quando non lo ero tutt’altro”.
Sui ricordi che ha di Silvio Berlusconi: “Ah, la classe. Quando arrivava a Milanello si fermava l’allenamento perché planava con l’elicottero sul centro sportivo. Con lui il Milan era un’altra cosa. Per farle capire, si passò da Dolce e Gabbana a Diesel. E poi c’era uno chef francese che in trasferta cucinava dei piatti straordinari. Tra i miei preferiti c’è la pasta col pesto”.
Sul Genoa: “Ho avuto la fortuna di conoscere Ivan Jurić, uno dei migliori allenatori che abbia mai avuto insieme a Jorge Jesus al Benfica. Un tecnico tosto, duro. La prima volta che l’ho visto gli dissi che prima o poi mi avrebbe amato, ma lui mi mise fuori rosa perché era fissato con la corsa e l’intensità. Poi ci siamo trovati. Mi ha reso un giocatore migliore. Sono felice per ciò che sta facendo a Torino”.
Su Davide Ballardini: “Il peggior allenatore mai avuto. Un disastro. In allenamento zero intensità, niente di niente, con quegli occhiali scuri mi chiedevo se fosse un tecnico o un attore. Quando inizia una stagione viene mandato via dopo tre mesi. Esperto nel salvare le squadre? È vero, anche al Genoa mi stupiva perché battevamo la Lazio ma in allenamento non facevamo niente. Forse è fortunato, non so”.
Taarabt su cosa gli piace di più del Milan di oggi: “Bennacer, Leão e Theo sono di top, ma Rafa deve responsabilizzarsi. Ogni anno deve fare 15 gol. Uno come lui non può giocare una partita da top e cinque male. Ismail, invece, è sottovalutato. Se vedi la stagione c’è un prima e un dopo di lui”.
Su Stefano Pioli: “Per le altre squadre è troppo facile capire come gioca il Milan. Si legge troppo presto. E poi la rosa è corta: l’Inter è un altro mondo”.
Sul rimpianto più grande della sua carriera: “Ne ho due: il mancato riscatto da parte del Milan e non aver firmato per il Psg. In Francia la mia carriera sarebbe cambiata”.
Sul perché non è andato al PSG: “Colpa di Leonardo. Quando mi chiamò dissi al mio agente che non mi piaceva. Era tutto fatto, poi lui si chiese come mai avrebbe dovuto spendere 12 milioni per me, che avevo giocato in Championship al QPR. Così prese Pastore a 50 …”.
Sulle altre sliding doors della sua carriera: “A 16 anni fui vicino al Barcellona e all’Arsenal, ma scelsi il Tottenham. Se fossi andato a Londra avrei potuto avere una carriera migliore, diversa. C’era Wenger e si parla francese …”.
Sul giocatore più forte con cui ha giocato: “Dimitar Berbatov. Non perdeva mai palla, e quando la perdevi tu metteva il muso. Parliamo di un ragazzo strano eh, non parlava con nessuno, non salutava, ma quando entrava in campo era assurdo”.
Sul nuovo Taarabt: “No, ma amo Bellingham. Raro vedere un inglese giocare così”.
Sul sentirsi un talento sprecato: “No, sono sincero. Magari ho perso tre o quattro anni di carriera, avrei potuto fare scelte diverse e giocare più partite in Champions, ma ho vissuto in Portogallo, in Inghilterra e in Italia. Sono stato da Dio al QPR, al Milan, al Benfica e non ho mai provato ansia nel giocare a calcio, mentre alcuni compagni correvano in bagno a vomitare prima dei big match. Ho amato far passare la sfera sotto le gambe degli avversari, la mia skill preferita, e realizzato ciò che volevo fare. L’ho fatto a modo mio, nel bene o nel male, divertendomi. E ne sono fiero”. LEGGI ANCHE: Nuovo allenatore, il Milan pensa sempre a Thiago Motta. Ma c'è un problema >>>
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