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Vinicio Verza, ex centrocampista del Milan (getty images)
Vinicio Verza, ex calciatore del Milan, ha rilasciato un'interessante intervista ai microfoni de 'La Gazzetta dello Sport', soffermandosi in particolare sulla sua esperienza in rossonero e sulla decisione di ritirarsi. Ecco, dunque, le sue parole.
Sul ritiro: "Una volta c’era il gioco del calcio, lasciavano libero sfogo alla fantasia. Nell’arco degli anni degli anni tutto è diventato un lavoro: alla lunga ti trasforma in un numero e non ti diverti più. Poi ho lasciato perdere. Mi sono totalmente disinteressato di quel mondo e quindi ho cambiato vita. Non è stata una sofferenza, ho subito imparato ad apprezzare altri aspetti. Non hai più i tanti impegni accessori e le partite, vivi molto di più la famiglia. Ne è valsa la pena".
Sul cambio totale di vita: "Non partecipo più a certe trasmissioni in tv. Sono sempre stato uno spirito libero, voglio restare me stesso e dire serenamente ciò che penso, nel rispetto di tutti. La mia generazione è stata dell’essere, non dell’apparire. E guardiamo a certi tifosi: possiamo ancora chiamarli così? A fine carriera ho aspettato un paio d’anni, ho preferito non rischiare buttandomi a capofitto verso l’ignoto. Da calciatore ho cambiato tante case, mi accorgevo che mi interessava capire quel mondo. Da agente devi mettere in contatto diverse persone. Quado esci dal calcio non ti regala niente nessuno".
Sul gol nel derby: "Di getto uno risponderebbe il gol nel derby. Invece il massimo per me resta una domenica in B con il Milan. Al mattino mi venne un collasso, per fortuna il dottor Monti mi rimette subito in sesto. A San Siro c’è il Varese: non soltanto gioco, ma segno una tripletta. Uno di loro, Cerantola, mi fa un fallaccio e devo uscire: c’erano 60 mila persone che scandivano il mio nome. Bellissimo. I brividi che mi ha trasmesso San Siro sono impagabili".
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