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Marco Fassone, ex A.D. dell'AC Milan (credits: GETTY Images)
NEWS MILAN - Marco Fassone, ex amministratore delegato del Milan, ha rilasciato un'intervista a Tuttosport. Il tema principale è quello relativo all'emergenza coronavirus nel mondo del calcio: "Come procede la mia vita in quarantena? Attualmente sono consulente per chi investe nel mondo del calcio e anche banche, fondi, acquisizioni e finanziamenti hanno spento i motori in attesa di capire cosa succederà nel mondo".
Quanto è importante che il calcio riesca a ripartire, anche per dare un segnale al sistema paese?
"Sarebbe importante ma, dal mio punto di vista, non ci sono le condizioni per cui questo possa succedere, almeno nel breve periodo. Stiamo parlando di un'azienda dal fatturato enorme e dall'indotto straordinario che però ha peculiarità specifiche, ovvero si basa su uno sport di contatto. E, per avere un prodotto di qualità nel rispetto della salute, ci vogliono tempi più lunghi rispetto a quelli che occorrono alle aziende tradizionali".
Galliani ha proposto per il prossimo biennio che la stagione si disputi nell'anno solare, approfittando dell'assist dato dal Mondiale in inverno nel 2022. Cosa ne pensa?
"Dopo aver letto la sua proposta, che è molto affascinante, gli ho pure mandato un messaggino. Sono d'accordo con lui che il calcio adesso debba fermarsi e riprendere ad agosto o settembre nel momento in cui auspicabilmente ci siano le condizioni per giocare un calcio vero. Il nodo della sua proposta è il mercato estivo: le squadre infatti non potrebbero operare per non falsare i valori e salvaguardare la regolarità del torneo. Basterebbe spostare il mercato tra dicembre e gennaio? Vero, però il problema è che se tu sposti il mercato a fine anno rendi impossibile alla società di sistemare casse lesionate dal virus. Spostando troppo in là il mercato, a molti verrebbe a mancare l'ossigeno".
Quali sono i provvedimenti che vanno presi oggi per non mandare il sistema al collasso?
"Occorre mette in atto misure strutturali: il fair play Uefa deve avere una sorta di "anno franco", ovvero il bilancio di questa stagione non deve essere calcolato per l'ammissione alle Coppe. Inoltre i requisiti per partecipare ai prossimi campionati da parte della Federcalcio devono essere rivisti: perchè, con i bilanci attuali, è impossibile per molti rispettarli. In pratica il sistema calcistico nel suo complesso deve adattare le norme finanziare a una modalità che non penalizzi ulteriormente club che hanno problemi tanto grandi legati ai mancati introiti da diritti tv, sponsor e botteghino".
Quindi, secondo lei qual è la soluzione migliore da adottare?
"Nel ruolo di consulente per chi investe in questo mondo ritengo che la strada migliore sia finire qui la stagione, non assegnare lo scudetto e ripartire da fine agosto con date certe. Questo perchè ritardare continuamente le decisioni, aspettare che scienziati, ministri e governi dicano la loro, questo continuo parlottare quotidiano, non fa altro che mettere tutti gli investitori nel sistema calcistico in una situazione di incertezza che è molto negativa. Il rischio che si tiri a campare per altri due mesi senza poi ripartire, genererebbe un danno ancora maggiore al nostro mondo".
Cosa l'ha più delusa in queste settimane?
"La debolezza della Lega Serie A come istituzione. Agli occhi di un osservatore esterno com'è il sottoscritto in questo momento dispiace la percezione di una Lega in balia di idee e pensieri tanto diversi, questo mentre all'esterno non si sognano nemmeno di dar vita a un dibattito feroce come quello in atto in Italia in queste settimana. Per chi investe nel prodotto piuttosto sarebbe importante che i presidenti avessero una visione univoca, per permettere al presidente di Lega di agire senza il timore di essere smentito due minuti dopo da uno dei suoi azionisti. Che diano finalmente forza a Dal Pino e De Siervo perchè possano farsi loro interpreti di tutto il movimento. La Lega Serie A non può apparire un mondo in guerra, dove tutto pare ingovernabile, un mondo dove sempre che salti fuori uno pronto a dire che finirà al contrario rispetto a quanto si è parlato fino a cinque minuti prima".
E' favorevole a un salary cap sul modello americano?
"No, perchè il modello americano è troppo diverso da quello europeo. Da noi il salary cap non funzionerebbe oppure verrebbe facilmente aggirato e quindi non sarebbe d'aiuto al sistema".
Anche in questi giorni Milan e Inter proseguono i colloqui con il Comune sul nuovo San Siro. L'idea di uno stadio di proprietà diviso per due è comunque vincente, oppure crede che sarebbe stato meglio che le società percorressero strade diverse?
"Nel periodo in cui sono stato amministratore delegato del Milan avevo portato avanti una strategia che era diversa perchè in quel momento ritenevamo, in accordo con il Comune, che Milano fosse la prima città italiana pronta ad avere due stadi di grandi dimensioni con tutta una serie di benefici per la città e per entrambi i club. E' evidente che scegliere di costruire uno stadio condiviso permette invece ai due club di spendere di meno e pure questo ha una sua logica. Io invece ancora oggi penso che una società avrebbe dovuto rimanere a San Siro, che, con pochi accorgimenti legati alla riduzione della capienza, potrebbe essere ancora perfettamente funzionale. Questo mentre l'altra avrebbe dovuto costruirsi uno stadio nuovo, e Milano ha tre-quattro aree che si prestano benissimo in tal senso. Io, da amministratore, preferirei avere un mio stadio, di proprietà o in concessione, da non condividere però con nessuno".
Dopo aver lavorato per le tre grandi e per il Napoli: è tentato da un'esperienza all'estero?
"Si e sarebbe il completamento della mia carriera. Un paio di proposte mi sono arrivate in questo periodo, ma alla fine non erano quelle giuste per me. Però l'idea c'è".
Da ex assistente, che giudizio dà al VAR?
"Una volta provato, abbiamo capito che la strada ora è obbligata. Però il Var va regolamentato meglio: ci sono troppe difformità all'interno dello stesso campionato, sia tra Paese e Paese, ma questo credo sia lo scotto da pagare. Il sistema va migliorato e semplificato però non si può più tornare indietro: per il calcio, è stato un passaggio epocale".
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