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Gravina: “Non mi sento sulla graticola. Dimissioni? Farei un disastro”

Fabio Barera Redattore 

Gabriele Gravina, presidente delle FIGC, ha rilasciato una lunga intervista toccando temi molto interessanti

Gabriele Gravina, presidente della FIGC, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de 'L'Espresso', toccando temi molto interessanti. Di seguito le sue parole a riguardo.

Le parole di Gabriele Gravina

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"Quando nel mondo del calcio sento dire: 'Noi creiamo ricchezza', mi permetto di dire: 'Però anche debiti'. Purtroppo il settore ha un indebitamento che oscilla ormai intorno ai 5 miliardi di euro, quindi c’è una confusione incredibile tra il concetto di crescita e il concetto di sviluppo. La crescita riguarda un valore assoluto. Lo sviluppo implica un concetto relativo basato su valutazioni soggettive. Sviluppare significa 'togliere dal viluppo', quindi crescere tenendo sotto controllo i costi. Altrimenti, se tu cresci, aumentano i costi e, sforando la crescita, tu fallisci".

Nel calcio i soldi servono per vincere? "C’è un’equazione che non è mai vera: chi spende di più, vince di più. Ultimamente non è così. Altrimenti il PSG avrebbe stravinto negli ultimi anni e non avrebbe vinto il Napoli, che è quello che ha speso un po’ meno rispetto a tutti gli altri. Diciamo che c’è un aspetto che riguarda ogni settore dell’economia di mercato, ovvero la progettualità. Chi ha progettualità, visione e riesce a trasformarle in un qualcosa di reale, riesce anche a centrare risultati importanti. Diversamente, non è che se spendi di più, vinci di più. Molte volte assistiamo a delle situazioni che destano pure grande preoccupazione. Qualcuno, per esempio, è convinto di dover investire più risorse di quante potrebbe per accedere al campionato di categoria superiore, ma poi puntualmente fallisce e quindi, non solo non ottiene la vittoria, ma perde anche tutto quello che aveva in cassa".

Qual è la situazione del calcio? "Il calcio è governabile e, secondo me, è governato pure bene. Bisogna non confondere le conflittualità dialettiche tra alcune componenti con l’ingovernabilità. Nel mondo del calcio ci sono sette componenti: arbitri, calciatori, allenatori, dilettanti, professionismo di base, professionismo medio e alto. È complicatissimo far convergere tutti e mettere insieme gli interessi di chi gioca e di chi allena o deve arbitrare. Quindi, è chiaro che ci deve essere necessariamente una dialettica, un confronto e uno scambio di riflessioni. Non è, al contrario, accettabile che questo confronto venga strumentalizzato oppure contaminato da interessi personali, simpatia o antipatia".


Ci spieghi meglio il discorso a cui accennava dei debiti. "Bisogna dire anche che c’è chi paga. Perché i debiti bisogna pagarli. Io sono preoccupato per l’indebitamento, perché vorrei aiutare i dirigenti, e mi dispiace che ci sia questa situazione. Ma non bisogna mai dimenticare che ci sono finanziamenti infruttiferi a favore delle proprietà, altrimenti non potrebbero partecipare. Come Federazione andiamo loro incontro, riduciamo i costi, vogliamo che ci sia una visione diversa nell’organizzazione e nella gestione dell’azienda che permetta a questi proprietari di essere più oculati e di immettere meno risorse all’interno del nostro mondo".

Si sente sulla graticola? "No, assolutamente. Ascolto volentieri i consigli delle persone che sono in buona fede ed è chiaro che il fatto di legare un’attività politica a un risultato sportivo la dice lunga su alcune scelte. Credo molto nei principi della democrazia. Se il mio consiglio federale e se la base elettorale non dovessero avere fiducia nella mia attività politica, andrei via immediatamente. Ma non sono i detrattori che votano e io continuo a lavorare per il bene del calcio italiano. Io devo rispondere alla gente che continua a darmi fiducia, che crede in quello che stiamo facendo. Quando verrà meno questa fiducia, andrò via. Ma fino a quando questa fiducia ci sarà, io andrò avanti per la mia strada".

Le dimissioni produrrebbero problemi a cascata? "Infatti. Proviamo a ipotizzare uno scenario in cui io me ne vada via domani mattina: siamo alla scadenza di un mandato, perché fra un anno e qualche mese si vota. Attualmente la FIGC è presente nella giunta del CONI, dove non entrava da tempo, è anche nel comitato esecutivo della UEFA, dove ricopro la carica di vicepresidente, ed è impegnata in una progettualità legata all’organizzazione di Euro 2032. Se mi dimettessi, farei un disastro sotto questo profilo. Quindi, mi chiedo: è un atto di responsabilità? Ha senso?". LEGGI ANCHE: Milan, nuovi dettagli su De Ketelaere-Atalanta >>>