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INTERVISTE

Milan, Ibrahimovic: “Sono ancora Dio. Torno e cambio la musica”

Zlatan Ibrahimovic attaccante AC Milan
L'attaccante del Milan, Zlatan Ibrahimovic, ha rilasciato una lunga intervista nella quale parla dei rossoneri e di sè stesso

Emiliano Guadagnoli

L'attaccante del Milan, Zlatan Ibrahimovic, ha rilasciato una lunga intervista nella quale parla dei rossoneri e di sè stesso. Ecco le sue parole riportate da SportMediaset nell'intervista esclusiva di Claudio Raimondi.

"Sono ancora Dio, sono ancora il numero 1: adesso torno e cambia la musica".

"Ho tanta voglia, voglio fare tante cose, quello che ho perso in questi 7/8 mesi. Ho perso tempo. Squadra in crisi? Non sono preoccupato, sono momenti normali all'interno di un campionato, Ora dobbiamo parlare poco e dimostrare in campo il nostro valore".

Sulle critiche: "Critiche? È normale, perché se non ti criticano non sei al top. A me criticano da 25 anni perché sono il numero 1, sono abituato. È come mettere benzina sul fuoco e quando scherzi con il fuoco ti bruci. Mi sento ancora Dio? Certo, non cambia niente".

Sulla squadra: "Sto bene, sto molto bene! Sono rientrato in gruppo e mi sento libero, libero in campo e fuori. Significa che sto bene. In questo periodo ho fatto di tutto per aiutare mister, staff e club da fuori. Ho avuto pazienza perché dovevo rientrare al top, il recupero sta andando tutto secondo i piani".

Su Leao: "Ha fatto un anno fantastico, ha vinto il premio del migliore giocatore del campionato. Poi il contratto, altri club che ti cercano, il Mondiale e tutto il resto. Ma lui deve restare concentrato e giocare a calcio. Tutto il resto si risolve, lui deve solo pensare a giocare. È diventato più forte rispetto a un anno fa, solo che quest’anno tutti sanno chi è Leao, l’anno scorso invece erano meno concentrati su di lui. Ora invece, sanno che è il più forte di tutti e stanno più attenti su di lui".

Su De Ketelaere: "In questi mesi non ero tutti i giorni con la squadra, per conoscerlo bene devo essere tutti i giorni nello spogliatoio. Ha grandi pressioni anche per il prezzo pagato, tutti hanno aspettative. È un talento, ha grande potenziale, deve solo trovare la giusta strada per crescere. Poi è in un’altra città, fuori casa e deve abituarsi. Ma quando arrivi al Milan tutti ti aiutano, ti accolgono al meglio, quando entri nel nostro spogliatoio ti senti a casa. Deve solo sbloccarsi, poi una volta che si sblocca parte tutto".

Sulle critiche a Pioli: "Sono cose normali, è l’allenatore del Milan e se le cose non vanno bene è giusto criticare l’allenatore e la squadra. Siamo professionisti e ci aspettiamo le critiche, non sono tutte rose e fiori, le critiche fanno parte del lavoro. Se non reggi le pressioni delle critiche non bisogna fare questo lavoro ma le critiche fanno parte del nostro mondo e sono utili perché ti fanno restare al top. Quando sei brutto puoi diventare bello".

Sul tipo di Ibrahimovic che tornerà: "Non voglio tornare in campo per beneficenza, se entro in campo lo faccio per portare risultati e per fare quello che ho sempre fatto. Altrimenti non sarebbe una sfida per me, starei a casa a giocare coi miei figli".

Sullo scudetto dello scorso anno: "Se abbiamo vinto è perché ognuno ha fatto il suo, ognuno si è sacrificato e si è preso le sue responsabilità nel momento in cui serviva. Non c’è stato un one man show, noi non siamo dipendenti da uno o due fenomeni, abbiamo vinto grazie al collettivo di tutti. E anche grazie ai tifosi che hanno dato una grande carica al gruppo".

Sul ritiro: "A 41 anni ho ancora tante pagine da scrivere anche perché la qualità non scompare, il fisico cambia, la preparazione fisica è diversa ma la qualità non va via, è una cosa che rimane. Nel mio caso non cambia. A chi non crede in Dio, lo farò vedere in campo, non a parole. Voglio dimostrare il mio talento tutti i giorni con grande voglia, ma non solo individualmente. Voglio trasferire la mia credibilità negli altri perché se riesci a fare la differenza con la squadra è diverso. Non deve dipendere tutto da me, voglio trasferire tutto quello che ho dentro agli altri: se i miei compagni stanno bene sto bene anche io. Se vinciamo da collettivo mi carico. In questa situazione non devo avere, devo solo dare. È anche questa la mia sfida, l’obiettivo non è il mio ego. Ho 41 anni, gioco nel Milan e sono al top. Io voglio trasferire gli occhi sugli altri, sono qui per loro non per me. Se fosse per me sarei su un’isola con un sigaro. Se posso essere un esempio e un leader lo faccio".

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