Altro fattore che lo stupisce
—«L’intervista che ho confezionato con Enzo Anghinelli, ex narcotrafficante e ultras del Milan, mi ha lasciato sgomento. Nel 2019 è sopravvissuto a un agguato in cui un proiettile gli ha attraversato la testa: com’è possibile che siano serviti cinque anni per fare chiarezza sulla vicenda? E com’è possibile che sia stato lui a doverci spiegare che dietro l’episodio c’erano gli uomini inviati da Luca Lucci?».
Il precedente Juventus e le differenze
—«Questo è uno degli aspetti che più stridono dell’intera vicenda. Perché la Juventus, a Torino, è stata coinvolta in un’inchiesta senza precedenti, quando a Milano per anni è stato fatto scendere il silenzio anche di fronte a omicidi e a vicende che hanno coinvolto il gotha della criminalità organizzata. Non voglio pensare che esistano due pesi e due misure, anche se il sospetto sorge spontaneo. Ma questa vicenda, quantomeno, è dimostrazione plastica del fatto che esistano luoghi, come Torino, in cui vige una sistematica marcatura stretta sulla società Juventus, mentre altrove questo atteggiamento non si riscontra. Altrove si guarda e si ascolta, perché oggi ci sono immagini e intercettazioni, ma poi tutto finisce in un imbuto. Ora, per fortuna, a Milano opera un procuratore come dottor Marcello Viola, che ha già vissuto sulla propria pelle vicende di mafia e che sta andando a fondo. Ma cosa è successo tra il 2018 e il 2019?». LEGGI ANCHE: Calciomercato Milan - Rivoluzione in attacco? Due opzioni, mentre Camarda...
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