Sulla differenza tra i fondi arabi e americani: «Ce n’è una, ma è sostanziale. I grandi fondi americani, in alcuni casi anche le grandi famiglie, si stanno affacciando con interesse al calcio europeo perché i costi delle franchigie americane, inclusa la Mls, sono altissimi. In Europa invece trovano club, anche importanti, a prezzi, rapportando i costi, estremamente favorevoli. Questo vale ancora di più in Italia dove siamo ancora indietrissimo sulle infrastrutture e quindi c’è ancor più possibilità di fare business. Ma, anche in questo caso non la vedo come una minaccia perché quella è l’unica strada per completare il passaggio dal mecenatismo a un meccanismo nuovo che preveda club che mirino all’autosostentamento generando anche business per chi ne è proprietario. In tal senso, il caso Milan è emblematico».
Su Pif: «Il disegno del paese Arabia è molto più chiaro e meno nebuloso rispetto, ad esempio, a quello cinese. Obiettivo è trasformare un paese isolato politicamente e turisticamente in una nazione “friendly” verso il mondo occidentale e ha individuato nello sport uno dei vettori per riuscirci. Detto questo, mi è stato spiegato da loro che il fatto che i quattro club siano di proprietà dello Stato è un modo per creare una sinergia utile per trasportare dall’Europa un certo numero di tecnici e calciatori con l’idea di costruire un calcio locale forte che un domani possa competere con il calcio occidentale».
Sulla differenza con la Cina: «In Arabia ci sono premesse più solide: in Cina, dopo un anno o due si è capito che quel fenomeno sarebbe stato destinato a sgonfiarsi in tempi abbastanza rapidi».
Sulle trattative come quella di Tonali: «Nei primi anni, sicuramente sì. In questo momento non hanno nessuna pressione come club dal punto di vista economico avendo un budget pressoché illimitato potendo quindi investire ciò che vogliono con l’obiettivo di portare là tutti i migliori talenti. Non però quelli arrivati, a meno che non siano di grandissimo nome come Cristiano Ronaldo, ma giocatori che per almeno 4-5 anni possano esprimersi al top. Questo progetto, nella testa del Governo non è illimitato, non sarà quindi sempre festa: il meccanismo scelto è stato giudicato come la strada più veloce per alzare il livello di competitività del loro campionato. Poi, in una seconda fase, i club dovranno avere una sostenibilità, data dall’aumento di sponsorizzazioni e diritti televisivi i cui introiti oggi sono inesistenti. Loro, a gioco lungo, vogliono imitare il nostro modello di fare calcio».
In finale: «Dal punto di vista sportivo, può darsi che presto la finale del Mondiale per club sia tra un’europea e un club arabo, ma non vedo cosa ci sia di male, ben venga per quella manifestazione. Per quanto riguarda l’immissione di denaro nel nostro calcio ribadisco quanto ho detto: se quei soldi verranno usati bene, aiuteranno tutti». LEGGI ANCHE: Probabili formazioni, Milan-Newcastle. Pioli lancia Chukwueze e Pobega
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