NEWS MILAN- Paolo Maldini, direttore dell'area tecnica del Milan, ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera sull'emergenza coronavirus: "Sto abbastanza bene. Il peggio è passato.Ho ancora un po’ di tosse secca ho perso gusto e olfatto, speriamo tornino. È stata come un’influenza un po’ più brutta. Ma non è una normale influenza. Io conosco il mio corpo. Un atleta conosce se stesso. I dolori sono particolarmente forti. E poi senti come una stretta al petto… È un virus nuovo. Il fisico combatte contro un nemico che non conosce".
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Maldini: “Sto meglio, il peggio è passato. Il calcio doveva fermarsi prima”
Paolo Maldini, direttore dell'area tecnica del Milan, nell'intervista rilasciata al "Corriere della Sera", ha parlato dell'emergenza coronavirus
Sui primi sintomi: "Ho avvertito i primi sintomi giovedì 5 marzo dolori alle articolazioni e ai muscoli. Febbre: mai più di 38 e mezzo. Il giorno dopo, venerdì, sarei dovuto andare a Milanello, e sono rimasto a casa. Ho saltato anche Milan-Genoa. Mi sono curato solo con la tachipirina. Non ho preso antivirali perché non ho mai avuto difficoltà respiratorie".
Sui mancati contatti con la squadra: "Non vedevo i calciatori da 14 giorni. Nessuno di loro è positivo. Noi al Milan siamo molto attenti alla salute, abbiamo molte risorse, siamo convenzionati con il San Raffaele. Ma abbiamo scelto di attenerci scrupolosamente alle regole fissate dalla nostra città, dalla nostra regione".
Sul tampone effettuato: "Sono venuti i medici della Asl, con guanti e mascherine. No, niente scafandro. Era martedì scorso. Dopo due giorni è arrivato il verdetto: positivo. Sapevo già di avere il virus. Sentivo che non era un’influenza come le altre; e poi per l’influenza avevo fatto il vaccino. Certo, un po’ di preoccupazione ti viene. Un mio amico ha avuto problemi respiratori, è ricoverato all’ospedale di Legnano, non dorme, ha gli incubi… A me è andata meglio. Comunque sono qui confinato da diciotto giorni con la mia famiglia".
Sul figlio Daniel: "Anche Daniel ha dolori e febbre. Ma è talmente giovane… Mi pare che in famiglia sia quello che l’abbia presa in forma più leggera. Mia moglie e Christian hanno fatto il tampone e sono negativi. Ma siamo convinti che pure loro abbiano preso il virus, e ne siano già usciti".
Sull'emergenza nel mondo del calcio: "Il calcio doveva fermarsi prima. Già giocare a porte chiuse è una violenza, per i tifosi e per i calciatori. Giocare a porte aperte Liverpool-Atletico, con 4mila tifosi madrileni sugli spalti, quando già si sapeva che Madrid era un focolaio, è stata una follia. Quando si è giocata Atalanta-Valencia l’allarme non era ancora scattato, ma ora sappiamo che quella serata è una delle cause del focolaio di Bergamo".
Sulla ripartenza della Serie A: "Un finale di campionato ci deve essere, e ci sarà. Ma quando non possiamo dirlo ora. Capisco che per la gente sarebbe uno svago prezioso. Ma nel calcio è impossibile non soltanto giocare, ma pure allenarsi senza contatto. E poi è giusto mettere tutte le squadre sullo stesso piano. Alcune, come la Sampdoria, sono più colpite. Sono positivi alcuni tra i giocatori più rappresentativi della Juve. Non dobbiamo avere fretta. Non ci si rimette in due giorni da questo virus. Tutti i calciatori devono avere il tempo di riprendersi e allenarsi. Prima di tornare a giocare saranno necessarie almeno due settimane di preparazione".
Su Milano: "Tornerà a volare. Ripartire è nella sua natura. Ma passata l’emergenza verrà un momento durissimo. L’economia, le piccole imprese saranno semidistrutte. La politica deve fare molto di più. Deve rassicurare la gente. Non amo Trump; però ha capito che bisogna tranquillizzare gli americani, garantendo una buona parte dello stipendio. Un conto è stare chiuso in casa sapendo che avrai di che vivere; ma stare chiuso in casa senza certezze crea un’angoscia insopportabile. Lo Stato, il governo deve capire questo. E dare segno di aver capito, prima possibile". Intanto ha parlato anche Pepe Reina, continua a leggere >>>
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