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Milan, Adli: “Non ho mai dubitato. Tifosi? Ho i brividi. Sono uno di loro”

Yacine Adli Milan-Roma Serie A 2023-24
Una delle note più positive è stata l'esplosione di Yacine Adli. Il centrocampista del Milan ha parlato a 'SportWeek'. Le sue dichiarazioni
Emiliano Guadagnoli Redattore 

Il Milan sta vivendo una stagione particolare. I rossoneri sono ancora in corsa per due obiettivi importanti: il secondo posto in campionato e la vittoria dell'Europa League. Una delle note più positive è stata l'esplosione di Yacine Adli. Il centrocampista, da panchinaro, è diventato un titolare della squadra di Pioli. 'Il pittore' ha rilasciato una lunga intervista a 'SportWeek' magazine de 'La Gazzetta dello Sport'. Ecco le sue parole.

Milan, Adli e l'amore per la famiglia

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"Il mio nome? papà ha scelto Yacine perché così si chiama uno scrittore, Kateb Yacine appunto, algerino di etnia berbera come i miei genitori. È stato un simbolo della resistenza algerina contro la dittatura. Mio padre arrivò in Francia a 9 anni. Quando mamma ne aveva 18, è tornato in Algeria e l’ha portata con sé. C’è una storia che si racconta sul loro incontro: una donna importante di questa città, legata alle famiglie di origine dei miei, previde che mio padre, una volta adulto, avrebbe sposato mia madre. E così è stato. Mia madre Ouiza è speciale".


Perché? "Perché è una persona semplice. Ha preso molto da suo padre, un agricoltore che per me ha rappresentato un esempio: spendeva tutto il suo tempo per aiutare gli altri. Dava denaro a chi non ne aveva, senza aspettarsi nulla in cambio. La mia famiglia è stata ispirata dalla sua generosità".

"Infanzia? Carina. Il mio era un quartiere popolare e multietnico. Non posso nascondere che fosse anche pericoloso. Intorno a me c’era delinquenza, ma i miei hanno fatto di tutto per allontanarmi da ogni pericolo e farmi concentrare solo sulla scuola (sono arrivato fino allo Scientifico con la media dell’8), sullo sport e su altre cose che mi impedissero di passare troppo tempo per strada col rischio di fare qualche stupidaggine. Mio padre mi ha iscritto a solfeggio e ho imparato a suonare il violino, ho fatto judo e scacchi, più tanto calcio. Mamma tutte le sere faceva il giro dei campi del quartiere per vedere dove fossi e riportarmi a casa. Giocavo sempre, ma senza ansie o pressioni: per me il pallone era un modo per divertirmi e stare con gli amici".

Adli sua sua associazione a Villejuif

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"Volevo qualcosa che aiutasse gli altri, i bambini soprattutto, e fosse utile alla società, ma la verità è che non sapevo esattamente cosa fare. Così ho detto al mio migliore amico: mettiamo in piedi qualcosa che possa raggiungere tutti, grandi e piccoli. Per esempio, ogni anno organizzo un torneo di calcio per aiutare l’ospedale Gustave Roussy, che sta proprio a Villejuif ed è specializzato nella cura dei tumori. Nel 2012 mia sorella ha avuto un cancro: grazie a Dio e alle cure ricevute in quell’ospedale è guarita. Perciò intendo continuare a fare beneficenza per il Gustave Roussy, perché possa aiutare tanti altri".

Adli e l'italiano

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"Ho imparato parlando, fin dal primo giorno in cui sono arrivato. E, quando facevo errori, chiedevo alle persone di correggermi per velocizzare l’apprendimento".

Adli e le passioni oltre il calcio

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"La passione per il piano me l’ha trasmessa mia sorella, che faceva lezioni in casa. Bella Ciao l’ho imparata guardando La Casa di Carta. Ma il mio strumento resta il violino. Ho perso la mano. Poi con due bambini, un maschio di tre e una femmina di un anno e mezzo, diventa difficile. Però non è detto che ricominci, prima o poi. Scacchi? Gioco online con un paio di compagni, Pulisic soprattutto. Lui è più forte di me. Poi leggo veramente tanto, anche testi religiosi. Per me la scienza è infinita, quindi c’è sempre da imparare da tutti: dai libri e dalle persone che incontriamo. E, poiché a me piace imparare, ho sempre gli occhi aperti e le orecchie pronte ad ascoltare".

Su se si sente diverso dagli altri giocatori: "Non lo so se sono diverso. Mi sento un uomo normale, che cerca di fare del bene. A volte dimentichiamo che il calcio rimane uno sport. Certo, porta con sé tante pressioni e tanti interessi, propone obiettivi importanti, ma non è la vita. Il calcio è per me passione e lavoro, sono un calciatore, ma prima di tutto sono un uomo. E come tale voglio essere utile alla mia famiglia e alla società. Per riuscirci, a volte il calciatore va messo da parte. I soldi ce li abbiamo, ma non sono tutto, ed è vero che non fanno la felicità, non comprano la fede o una famiglia che ti ama e ti fa stare bene. Sono cose che trovi da solo. E puoi trovarle solo se capisci qual è il tuo obiettivo ultimo nella vita. Per alcuni è fare calcio e sono concentrati solo su questo. Io non la vedo così".

Milan, Adli e i compagni

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"Parliamo di tutto, e soprattutto parlo con tutti. Preferisco parlare di vita, delle difficoltà che incontriamo, delle prove cui ci sottopone. Cerco di dare il buon esempio e buoni consigli. È importante relativizzare (testuale): abbiamo la fortuna di aver trasformato una passione in lavoro, quindi dobbiamo essere pazienti quando le cose non vanno bene e guardare non quelli che stanno meglio, ma chi sta sotto di noi. È così che impariamo ad accontentarci di ciò che abbiamo".

Il compagno che ti ha sorpreso? 

"Gabbia. L’anno scorso giocava pochissimo, pur sempre più di me (ride), ma non ha mollato. Poi è andato al Villarreal ed è tornato con tanta fiducia in più".

Quello più divertente? 

"Florenzi. Prima, ridevo tanto con Sandro Tonali".

Che musica gira nello spogliatoio? 

"Non ho un genere preferito. Ora cerco la serenità, mi piace anche ascoltare il rumore del niente, il suono della vita. Nello spogliatoio si ascolta di tutto".

Adli e i soprannomi

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"Nel bene o nel male relativizzo (testuale) tanto: se uno mi chiama Mozart o Il Pittore, io gli faccio capire che sono Yacine e basta. E mi va bene così. Allo stesso modo, se uno mi dice: sei scarso, non sai giocare, io non ascolto. Ripeto, nel bene o nel male io cerco di restare nel mezzo, senza sentirmi mai troppo felice per un complimento o troppo deluso da una critica".

Adli e la storia d'amore col Milan

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Sull'amore arrivato dai tifosi: "Penso che viviamo in un mondo fake: mostriamo di noi quello che la gente si aspetta di vedere o a cui piace credere. Ma chi mi conosce sa che io mi mostro per come sono. Non faccio nulla allo scopo di compiacere gli altri. L’uomo che vedi nello spogliatoio è lo stesso che salta e canta sotto la curva dopo una vittoria. Questo amore per il Milan è sincero, ed è esploso in me in maniera spontanea, non lo controllo. E, quando amo, do tutto. Quando sento 80mila tifosi che cantano, mi vengono i brividi e mi sento uno di loro. E, nel periodo in cui non giocavo, mi faceva sentire vivo comportarmi da tifoso".

Il coro che ti piace di più? 

"Bandito e Forza Diavolo alè".

Sulle emozioni del suo gol contro la Roma: "Mi sono venuti i brividi, quasi le lacrime. Dopo tutto quello che ho passato, è stato un momento speciale".

Seguivi il Milan da ragazzo? 

"No, perché nel mio Paese non si vede tanto la Serie A. Era mio padre, che guardava il Milan. Il suo idolo era Van Basten".

Quando non giocavi, ti è successo di dubitare di te stesso? 

"Mai. Me ne sarei andato. Ma la qualità che mettevo ogni giorno nel lavoro mi faceva essere fiducioso. Sapevo che mi mancava ancora qualcosa, ma sapevo anche che quel qualcosa stava arrivando. Ho cercato di lavorare forte, di non perdere tempo e guardare avanti. Mancava un po’ di adattamento, tattico e fisico, al vostro calcio. Non sono uno che guarda molto i dati della partita, ma questi adesso dicono che sono migliorato tanto, specialmente in fase difensiva. E, visto che sono ancora giovane, sono sicuro che continuerò a migliorare. I compagni mi sono stati vicini, e non è per essere banale. Mi sento vicino a Bennacer, che ha origini algerine come le mie, o a Theo, Giroud e Maignan, francesi come me, ma davvero non faccio distinzioni. E poi, i compagni non avevano motivo di preoccuparsi: mai una volta mi sono presentato a Milanello con la faccia delusa di quello che non gioca".

Milan, Adli, la grigliata con Pioli e che giocatore è

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"Sono un giocatore atipico: posso fare il vertice basso, il trequartista, ho giocato da esterno sinistro e falso nove. Posso piacere o no: non ho le gambe forti di uno che ti fa uno scatto di 40 metri e lascia dietro l’avversario, ma capisco i tempi di gioco, “vedo” passaggi che non tutti vedono. Sono come un giocatore di scacchi che muove i pezzi giusti al momento giusto per “ammazzare” l’avversario. Sono cose di cui non sempre chi guarda si accorge e per questo non potrò mai piacere a tutti. Sarò sempre Yacine Adli, con le sue caratteristiche. E queste caratteristiche possono fare la differenza".

Sulla grigliata di fine stagione con Pioli e compagni: "Veramente il mister non era invitato, perché avrebbe voluto dire invitare anche tutto il suo staff e ci sarebbero volute tre case (ride). C’erano i compagni e le loro famiglie, e sono venuti tutti. Ho avuto la conferma del rispetto che hanno per me. Quel giorno era prevista pioggia, invece c’è stato il sole. L’ho preso come un segno. Una giornata bellissima che ha unito il gruppo ancora di più". LEGGI ANCHE - Calciomercato Milan - Maignan va via? Pellegatti: "Prendete lui!"

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