Nel suo libro, lei dice che il Milan è sinonimo di passione, stile, sacrificio e successo. Vede questi valori nella squadra attuale? "Questi valori incarnano la storia del club e devono essere ricordati. Non esiste un Milan di oggi o di ieri, esiste solo il Milan, che punta sempre al meglio. Dobbiamo tenerlo a mente e agire di conseguenza".
La partita che rigiocheresti mille volte? "Se parliamo di quelle che ho vinto, Napoli-Milan 2-3 nel 1988, che ci ha praticamente assicurato lo scudetto e ha dato inizio a una nuova era, e Milan-Real 5-0, che ci ha portato in finale di Coppa dei Campioni dopo 20 anni".
Il compagno di squadra che ti ha sorpreso per la sua forza? "Preferirei citare qualcuno che avrebbe potuto fare molto di più con il suo talento se non fosse arrivato al Milan a fine carriera con vari problemi fisici: Paulo Futre".
"Berlusconi innovatore. Sacchi curioso ed audace"
—Su Silvio Berlusconi: "Lui è stato il vero innovatore. Non dimenticherò mai gli elicotteri all'Arena nel luglio 1986. Era appena diventato presidente e voleva fare una dichiarazione forte, non solo al Milan ma a tutto il calcio italiano".
Su Arrigo Sacchi: "Il Milan di Sacchi era giovane, curioso e audace, e riuscì a coinvolgerci nella sua idea di calcio. Non avevamo vinto molto o niente, quindi eravamo aperti a imparare qualcosa di nuovo. Il primo allenamento è stato subito molto intenso: alla fine eravamo esausti e consapevoli che qualcosa stava cambiando, ma in meglio".
Su Nils Liedholm: "Liedholm era unico: ironico, una grande personalità, ti dava lo spazio giusto per lavorare con calma. Mi fece esordire a Verona nel '78, dicendomi: 'Vai e gioca come sai'. Ciò significava che avrei dovuto giocare come facevo nel Settore Giovanile, ma non era esattamente la stessa cosa".
Milan, Baresi: "I giocatori mi rispettano. A Theo e Leao dico che sono fortunati"
—Hai mai pianto per il calcio? "È successo dopo aver perso qualche finale. E durante la mia partita d'addio. Lacrime di gioia, mai: quando vinci, non piangi".
Il primo dei suoi campionati, quello della stella, arrivò nel 1979: "Sulla carta Inter e Juventus erano molto più forti. Lo scudetto è stato costruito partita dopo partita, il gruppo ha iniziato a crederci sempre di più e abbiamo vinto grazie a una costanza di rendimento impressionante".
Perché oggi non vieni a Milanello per continuare a trasmettere i valori che hai incarnato come capitano? (ride) "Perché non è il mio ruolo. Non è il mio lavoro. Ma quest'estate, durante il tour, ho incontrato Fonseca, ho trascorso del tempo con i giocatori e ho visto che c'è sempre un grande rispetto nei miei confronti da parte di tutti. I giocatori di questo Milan sanno chi sono e cosa ho fatto per il Milan. Conoscono la storia, e questo è importante".
Su Theo Hernandez e Rafael Leao: "A Theo e Leão direi di ricordare quanto sono fortunati a far parte di un grande club. Ma il mio ruolo oggi non è quello di andare a Milanello per trasmettere i valori del passato". LEGGI ANCHE: Milan-Udinese, ultima spiaggia per Fonseca? Pronto un sostituto da non credere
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