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Zlatan Ibrahimovic attaccante Milan (getty images)
Sandro Corapi, nella sua quarantennale carriera da mental coach, ha parlato a Tuttosport, del calciatore del Milan, Zlatan Ibrahimovic e del possibile ritiro. Ecco le sue parole.
Sull'aver paura di smettere: "Ha mostrato di avere una forte autostima, questa lo può aiutare. Negli anni si è creato una forte risorsa emotiva interna, oltre che un’immagine potente verso l’esterno e pure verso l’interno. Un campione come lui è quello che riesce a trovare soluzioni a eventuali problemi. Potrebbe ritagliarsi così un nuovo ruolo, quello che è successo negli ultimi due anni, quando non ha fatto il calciatore, ma il mentore. In tal senso potrebbe aver già metabolizzato un futuro addio al calcio".Sul paragone con Totti: "Fanno parte della “stessa famiglia”, le dinamiche di due campioni che sono sempre stati sotto i riflettori non cambiano. È l’atteggiamento che può essere diverso: Totti ha un carattere più taciturno, Ibra è vulcanico, estroverso. C’è una soggettività di cui tenere sempre conto".
Sulle carriere che non possono essere eterne: "Esatto. Tutti noi diamo per scontate alcune cose, pensando di vivere per sempre. Ebbene, serve un’assunzione di responsabilità, di capire che tutte le cose hanno una fine".
Su se per Ibra sia più difficile smettere: "È sempre estremamente impegnativo per chiunque, per qualsiasi calciatore. È uno stacco da una vita sotto i riflettori, in una gabbia dorata. Quando si è costretti ad appendere gli scarpini al chiodo subentra un vuoto. Prima c’è una dipendenza da alcuni fattori, poi c’è una mancanza di emozioni. E questo può creare a livello emotivo un forte contraccolpo. Un professionista, nell’arco della sua carriera, mette il calcio davanti a tutto. Poi c’è un ribaltamento delle priorità".
Su se Ibra sarebbe infastidito in casa di vittoria Champions: "Moltissimo. Lui vuole essere una prima donna, al centro dell’attenzione. È un vincente, un guerriero. Inconsciamente, nel suo io più profondo, questa situazione lo contrarierebbe di sicuro".
Su come aiutare un giocatore al termine della carriera: "Gli organi competenti dovrebbe fare prevenzione. Il distacco dal calcio giocato potrebbe anche portare ad un livello depressivo, se la mancanza fosse estrema. Loro vivono di dopamina all’interno di quel mondo, di cosa c’è all’esterno spesso e volentieri non sanno nulla. Si deve quindi creare un nuovo percorso, puntando a nuove gratificazioni". LEGGI ANCHE: Calciomercato Milan – Walker e Keita: doppio colpo dalla Premier
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