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INTERVISTE

Milan, Gazidis: “Il progetto continua anche senza Elliott. Io resto”

Ivan Gazidis, amministratore delegato del Milan (getty images)

L'amministratore delegato del Milan Ivan Gazidis ha parlato ai microfoni del Guardian del futuro rossonero e di Paolo Maldini.

Matteo Mosconi

L'amministratore delegato del MilanIvan Gazidis ha rilasciato una lunghissima intervista ai microfoni del Guardian. Il dirigente ha parlato della stagione appena conclusa e del futuro immediato. Queste le sue dichiarazioni:

Gazidis ulla stagione appena passata: "Ci vuole un po’ di tempo per capirne il significato. Dopo la vittoria per 3-0 con il Sassuolo e la vittoria del titolo c’è stata subito grande euforia e gioia, ma poi ti rendi conto che questo è un risultato davvero monumentale non solo per quello che abbiamo fatto ma per come l’abbiamo fatto, che è molto diverso. Già all’inizio della stagione credevamo di aver creato qualcosa di speciale sulla base di una chiara idea di costruire un nuovo Milan attorno a una squadra molto giovane. Penso che sia la squadra più giovane della storia moderna a vincere lo scudetto e una delle squadre più giovani d’Europa. Ha anche un’unità di intenti all’interno del club e con i tifosi".

Sull’approdo al Milan nel 2018, in un momento di grande difficoltà per il club: "Non è stato il mio rapporto con Gordon a convincermi. Mi è piaciuta l’idea di fare qualcosa di stimolante in un nuovo ambiente, anche imparando personalmente l’italiano e una diversa cultura calcistica. E c’era l’idea romantica che potessimo riportare in alto il Milan. La gente diceva che era impossibile".

Sullo scetticismo iniziale che ha portato molti tifosi a vederlo come un ‘alieno’ nella realtà del Milan: "Ci si era dimenticati che il mio background nasce dall’area tecnica. Il mio ruolo nella MLS, per 15 anni, è stato quello di ingaggiare tutti i calciatori che hanno giocato in quel campionato e tutto ciò che è successo all”interno delle linee bianche’ era una mia responsabilità. Ho sempre pensato alla strategia e a cosa dovevamo fare con il campionato nel suo insieme. Quindi la mia esperienza calcistica è stata di naturatecnica".

Gazidis prosegue: "Quando sono andato all’Arsenal, Wenger aveva il controllo completo della parte tecnica, giustamente in virtù della sua immensa esperienza. Quindi venendo al Milan, molti, mi hanno visto come ‘il sudafricano’, che sta a significare che “non sa niente di calcio”. Penso che la sensazione fosse: ‘Ecco questo tizio che non sa niente di calcio, che non parla ancora italiano, che rappresenta un hedge fund di New York'".

Se Maldini è immagine della grandezza del Milan che dura nel tempo, la necessità era però guardare al futuro e proporre nuove idee: "Esattamente, il Milan è anche sinonimo di nuove idee. Pensa ad Arrigo Sacchi, che qui ha reinventato il calcio. La nostra nuova visione era quella di trovare giocatori che non fossero grandi nomi. Abbiamo ingaggiato giocatori di squadre retrocesse. Abbiamo ingaggiato giocatori che erano stati scartati o che non avevano un percorso di sviluppo. Li abbiamo identificati utilizzando moderne analisi e moderni metodi di scouting e poi abbiamo creato un ambiente in cui Paolo Maldini li ha ‘investiti’ dei valori del Milan. Quella combinazione ha reso il progetto un successo, così come il fatto che abbiamo avuto coraggio nel portare avanti le nostre convinzioni ad ogni passo".

Gli scetticismi sul cambiamento e sull’applicazione di nuove idee specialmente in Italia: "Ho notato, non solo in Italia, ma nel calcio in generale, la grande narrativa dell”eccezionalismo’. L’idea che una nuova cosa non funzionerà qui. È successo in Inghilterra quando Arsène stava comprando giocatori francesi e la gente diceva: “Non ce la farebbero mai in una ‘serata piovosa’ a Stoke”. Allo stesso modo, in Italia, la gente diceva : ‘Non si può costruire una squadra giovane come questa in Italia.’ L’espressione che usano è ‘la maglia è pesante’. Vuol dire che, quando il Milan gioca a San Siro, lo fa con tante aspettative sulle spalle. Come può riuscirci un giovane? Quasi tutto quello che provavamo a fare, la gente ci diceva fosse impossibile in Italia".

Sul futuro del calcio e l’avvento delle grande proprietà, economicamente foraggiate dai grandi capitali dei paesi ricchi: "Senza valori, il calcio è vuoto. Diventano 22 milionari che prendono a calci pezzi di pelle su un pezzo d’erba. Il calcio è un sentimento di comunità e di valori comuni. Non mi preoccupo per Manchester City, PSG o Newcastle perché hanno una proprietà incredibilmente solidale. Mi preoccupo per il resto del calcio. È molto più potente creare qualcosa che pregare che un individuo ricco o uno stato nazionale ti salvi. È molto importante per tutti noi pensare a questo in profondità e spostare il calcio verso un modello più sostenibile in cui tutti possano partecipare e che si basi davvero sul merito delle idee piuttosto che sulla disponibilità di denaro".

Eppure Gazidis e il Milan hanno sposato la causa della Superlega…: "Guarda, la vera Superlega è la Premier League che ha un pubblico globale e si sta allontanando dagli altri campionati europei. Se non facciamo nulla, quello sarà il futuro del calcio. Ho vissuto in quella ‘bolla’ e la Premier League ha fatto un lavoro fantastico. Ma la proposta della Superlega è stata vista in modo molto diverso in Italia rispetto all’Inghilterra. Un tifoso dell’Atalanta avrebbe accettato di buon grado la Superlega? L’Atalanta è una favola meravigliosa, così come il Leicester è una storia fantastica. La nostra scelta difficile al Milan è stata semplicemente quella di essere in una Superlega o di non esserci. Abbiamo dovuto fare una scelta responsabile per il club. Non era il Milan a guidare quell’idea".

Il dirigente rossonero prosegue: "All’Arsenal mi sono opposto con veemenza alla Superlega e l’ho bloccata, perché la Premier League è completamente in ascesa. Si sta creando pressione in Europa perché, gli altri campionati, non potranno competere con la Premier League in futuro. Non basta dire: “La Superlega è brutta quindi continuiamo così”. Se lo facciamo, queste tensioni e pressioni non faranno che aumentare. Dobbiamo parlarne. La cosa più importante è avere un modello sostenibile per il calcio europeo. Il fair play finanziario ha quell’obiettivo, ma non è del tutto efficace. Dobbiamo pensare collettivamente in modo responsabile al futuro del calcio. Un futuro dominato dalla Premier League, a livello globale, va bene se vivi in Inghilterra. Ma il resto d’Europa ha bisogno di una visione più positiva".

Gazidis sul futuro del club e l’eventuale cessione: "Ci sono discussioni in atto. Elliott non ha cercato di vendere, gli altri sono venuti da loro. Ci sono due gruppi che amano e credono nel modo in cui è stata costruito il Milan moderno. Quindi, indipendentemente dal fatto che Elliott rimanga o che uno di questi gruppi subentri, il progetto avrà continuità. Se resto come CEO? Rimarrei sicuramente per l’immediato futuro".

Gazidis sulla vicinanza del popolo milanista durante le cure per il cancro: "Ho sentito un vero senso di appartenenza e sono profondamente grato".

Andando oltre il Milan, cosa farebbe di diverso Gazidis se tornasse indietro all’Arsenal: "Dimostrerei quanto ci tengo. Mi ha sorpreso che le persone mi considerassero aziendalista e distante, e questo perché ero molto lontano dal lato sportivo. Era la cosa giusta da fare insieme ad Arsène. Ma avrei dovuto comunicare meglio i miei sentimenti per il club. Mi fa male il fatto che i tifosi dell’Arsenal non abbiano provato gioia, ma sono davvero felice che l’unità si stia sviluppando sotto Mikel Arteta che ha fatto un lavoro fantastico. Il mio rammarico è di non essere stato in grado di riunire i nostri tifosi come ho fatto con i tifosi del Milan".

Il mix efficace al Milan. Dai ‘veterani’ come Giroud ai giovani ‘affamati’: "Abbiamo 20 o 30 storie che hanno tutte un arco di redenzione o un aspetto nuovo. Tutti loro hanno contribuito a questa nuova storia del club, che si sta trasformando in qualcosa di davvero potente".

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