Sulla Major League Soccer statunitense come probabile destinazione in caso di addio al Milan: «Ci sono anche altri Paesi, a fine stagione si apriranno più opportunità e prenderò la mia decisione. Da calciatore e da padre di famiglia».
Sul possibile arrivo al Milan, nella prossima estate, di un centravanti giovane: «Non sarebbe affatto un problema, perché non ho paura della concorrenza. Per me è sempre stata uno stimolo per fare ancora di più, ne ho bisogno».
Su cosa fa Zlatan Ibrahimović ora a Milanello: «Ibra è il link tra RedBird e la squadra, ci connette con la proprietà senza sovrapporsi al lavoro di Pioli. È qui per aiutare, soprattutto sull’approccio mentale e le motivazioni. Parla con noi e ci aiuta. Dice: “Se vincete voi, vinco anche io”».
Sui consigli che gli dà Ibra: «Mi incoraggia sempre, mi parla prima e durante le partite, all’intervallo. Vuole che io prenda la parola, che aiuti i miei compagni: Zlatan sa che questo è un gruppo giovane che ha bisogno di esperienza, di giocatori che parlino e diano l’esempio. Mi vuole più leader».
Su Rafael Leão che, ultimamente, non segna più: «Ci sono molte aspettative su di lui. Rafa sa che deve essere ancora più esigente con sé stesso, conosce il suo valore. Da compagno, posso dire che uno come lui è decisivo anche quando non segna: in una squadra contano aspetti che magari non balzano subito agli occhi. Noi sappiamo che Rafa può fare di più e lo sosteniamo: può salire a un livello altissimo. Gli serve continuità. E qualche gol in più, certo».
Su cosa vorrebbe fare una volta che terminato la carriera di calciatore: «Mi piacerebbe diventare direttore sportivo. Occuparmi di Prima Squadra, settore giovanile, mercato: tutto questo ti dà una visione di insieme. Di sicuro non farò l’allenatore, troppo stress ...».
Sull'obiettivo di fare 20 gol in questo campionato di Serie A: «Se potrò farli, sì. Non mi metto nessuna barriera per i gol! Mi piacerebbe anche arrivare in doppia cifra con gli assist».
Sulla possibilità che il Milan vinca lo Scudetto a maggio: «L’obiettivo è concentrarci sul percorso. Se stiamo bene e facciamo come si deve, possiamo provare ad accorciare su Juventus e Inter, che stanno giocando una grandissima stagione. Ad aprile le incontreremo entrambe, una dopo l’altra, dobbiamo arrivarci al massimo. Prima vinciamo e guadagniamo punti, poi parliamo. Per adesso è difficile pensare allo Scudetto».
Sui cinque derby persi nel 2023: «Brucia. Il derby deve bruciare qui (si tocca il petto, n.d.r.). Ibra serve anche a questo, per far capire ai più giovani che il derby è una partita particolare, deve venire dal cuore e dall’anima. Siamo sulla buona strada, anche se mancano ancora troppe partite».
Sul percorso che potrà fare il Milan in Europa League: «Il Milan è tra le squadre che possono vincerla. Siamo un po’ outsider e un po’ favoriti: è un trofeo che vogliamo provare a vincere anche perché manca nella bacheca del club».
Sui migliori attaccanti giovani: «Tre stelle Michelin per Erling Braut Haaland: è devastante, troppo potente, è grosso ma ha potenza e velocità. Tre stelle anche a Kylian Mbappé e Vinícius Júnior. Due stelle? Sono pochi i giocatori, ma Rafa le merita».
Su Benjamin Šeśko, Endrick, Joshua Zirkzee e Gianluca Scamacca: «Šeško lo seguo da due-tre anni, è ancora giovane, può migliorare molto. Diciamo una stella e mezzo. Endrick ha giocato in Sudamerica, l’ho visto poco. Zirkzee è bravo ma non mettiamogli pressione: una stella comunque la merita. Scamacca è bravo ma si deve confermare. Una stella la merita».
Sulle condizioni psicologiche di Mike Maignan dopo Udinese-Milan: «Mike sta bene, è forte. Quello che è successo a Udine è alle spalle ma non deve più esistere, nella vita come su un campo di calcio, dove tutti dobbiamo dare il buon esempio».
Sulla linea dura adottata nei confronti di quei tifosi che non andranno più allo stadio: «Sì, giusto. Ora avranno una partita a porte chiuse e il club così perderà soldi. Forse questo sarà un motivo per fare di più, la prossima volta».
Sull'abbraccio con Maignan a fine partita e il dito rivolto verso il cielo: «Siamo entrambi credenti e quella vittoria, dopo quello che era successo, era una risposta dal cielo».
Sui motivi per cui prega: «Per la riconoscenza, ringrazio Dio perché io e la mia famiglia stiamo bene. Mi sento fortunato a conoscere Gesù e la sua vita, a essere un testimone dell’amore di Dio, e non lo trovo difficile o imbarazzante, per me è naturale. Provo a essere sempre nella gioia, nella pace e nell’amore. Prego per stare bene e per i miei “nemici”, perché trovino Dio. Per la pace e per i leader politici: mai come in questo momento serve una presa di coscienza collettiva». LEGGI ANCHE: Mercato Milan, le mani di Moncada sull'erede di Calabria >>>
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