"Proprio così. Io, un ragazzo di Bodo, mi ritrovai a giocare a San Siro. E stavo da Dio". Jens Petter Hauge, ex calciatore del Milan, ha rilasciato una lunga ed interessante intervista a 'La Gazzetta dello Sport' parlando anche della sua esperienza in rossonero: "Qualche giorno prima avevo giocato una delle partite migliori di sempre contro il Brann. Avevo fiducia in me stesso, correvo più degli altri e chiusi con un gol e un assist. Il Milan? Mi seguiva già. Moncada aveva visto dei video, il mio agente mi disse qualcosa a riguardo. Ricordo la notte in albergo: non riuscivo a dormire, così presi una Coca Cola zero e riguardai la partita. Si giocava a porte chiuse, era diverso, ma avevo i brividi. Qualche giorno dopo scesi in campo per l’ultima volta col Bodo e poi volai a Milano".


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—"C’erano tanti club. Inglesi e italiani. Sia prima della partita, sia dopo. Avevo trovato un accordo col Cercle Bruges, ma rimandavano di continuo e dissi di no. Un altro club mi inviò i biglietti dell’aereo, era tutto fatto, ma rifiutai per il Milan. Per me era l’unica opzione possibile, anche perché mi scrissero diversi giocatori rossoneri ad esempio Davide Calabria. Mi disse che vestire la maglia del Diavolo sarebbe stato un onore. “Ti aspettiamo, quando vieni?’. Non ho mai pensato di rifiutare, e alla fine sono andato".
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Sull'impatto con Ibrahimovic
—"Una sorta di… ‘wow’. Incredibile. Mi faceva da traduttore. Mi colpì la sua personalità: ricordo una punizione contro il Sassuolo, mi avvicinai piano piano e chiedi di tirare. Lui mi disse una cosa del tipo, “se me lo chiedi ancora una volta ti do un calcio nel sedere’. Sono rimasto molto legato ai rossoneri: li seguo, mi dispiace stiano andando male".
Su Pioli
—"Intanto, una premessa: parliamo di un allenatore fantastico, chiaro e diretto. Quando il Milan ha vinto lo scudetto gli inviai un messaggio di congratulazioni. All’inizio fu difficile perché comunicava con me attraverso un traduttore: io non conoscevo l’italiano, lui parlava poco l’inglese. Quando non giocavo mi chiedevo sempre come mai, quindi andai a Francoforte. Non volevo passare un’altra stagione in panchina, anche perché all’inizio avevo segnato alcuni gol importanti e avuto parecchie chance. Successivamente, no. Ero un po’ frustrato, ma non ce l’ho con Pioli, anzi, sono scelte che fanno parte della vita. Il Milan è un top club, ma volevo giocare, così pensai a me stesso. La carriera è una. Sono felice di aver rappresentato i rossoneri. Mi hanno reso l’uomo che sono oggi". LEGGI ANCHE: Milan, Camarda: "Vivo per il gol. Milan Futuro? Problemi caratteriali, ora...">>>
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