news milan
Milan-Inter, Seedorf: “Ibrahimovic-Lukaku? Spero abbiano riflettuto”
Oggi è il giorno di Milan-Inter, il derby. A parlarne Clarence Seedorf, ex giocatore di entrambe le squadre. Ecco le sue dichiarazioni alla Gazzetta
Clarence Seedorf ha rilasciato un'intervista ai microfoni della Gazzetta dello Sport. Seedorf ha parlato ovviamente di Milan-Inter, derby che si giocherà a partire dalle ore 15: "Il senso del derby lo decidono i tifosi in base a come lo vivono, e per loro è sempre derby. Anzi, senza poter essere allo stadio ha anche più peso. L’energia del dodicesimo uomo in campo non è un modo di dire: ora lo vivono ancora più intensamente proprio perché non possono dare questa spinta".
Due mondi capovolti proprio alla vigilia del derby: farà meglio il primato all’Inter o al Milan togliersi un po’ della pressione che aveva addosso?
«Essere primi è sempre meglio: sbagli e sei comunque lì, se sei secondo non puoi più sbagliare. Ma hanno talmente fiducia entrambe che oggi non cambia tanto: sono ancora molto vicine».
È stato esagerato considerare il Milan subito da scudetto?
«Il Milan deve sentirsi sempre da scudetto: dev’essere la normalità. Lo dicono anche gli altri campionati: nella Liga comanda l’Atletico, il Leicester sta facendo ancora quest’anno una grande stagione. Come può non essere ambizioso il Milan?».
Inter concentrata solo sul campionato: quanto conta?
«Le grandi squadre devono essere pronte a stare dentro a tutto. Può essere un vantaggio dal punto di vista fisico, gestisci meglio il recupero dei giocatori, ma non è detto: se sei abituato a giocare ogni tre giorni, mentalmente resti sempre “acceso”. Il Bayern che di solito vince il campionato a gennaio a volte non è arrivato in fondo in Champions».
E quanto peserà per il Milan l’aver giocato a Belgrado giovedì?
«Una settimana piena di preparazione può aiutare, ma le energie per un derby si trovano sempre».
Certi segnali (tre sconfitte nel 2021) e poi il crollo del Milan a La Spezia: prevedibile?
«Il Milan ha trovato dei suoi equilibri: non credo abbia da preoccuparsi. Però è importante leggere i motivi di quella sconfitta, e questo possono farlo solo loro. Giocare subito una gara come un derby è quasi meglio, se ritrovi energie anche mentali dopo Belgrado».
Milan e Inter troppo “aggrappate” a Ibra e Lukaku?
«Qualità personali e rendimento: è naturale un po’ di dipendenza mentale. Ma le squadre hanno un modo di giocare consolidato e si è visto anche senza di loro, che sono il ritocco che le rende migliori».
Questo derby è un’occasione per correggere l’immagine che hanno dato in quello di Coppa Italia?
«Spero abbiano riflettuto: sono due giganti del calcio, hanno la responsabilità di promuoverlo nel modo migliore».
Milan in affanno è uguale a Ibrahimovic troppo isolato?
«Quando una squadra va in difficoltà ci va tutta la squadra: è normale che a risentirne sia chi deve finalizzare».
Barella è già il miglior centrocampista italiano? E per Tonali le tante aspettative sono diventate troppe pressioni?
«Barella è fra quelli più in forma: per dire migliore va visto il rendimento di tutto un anno, se non di anni. Per Tonali forse le due cose hanno finito per coincidere: è molto giovane, gli serve tempo anche per trovare un proprio equilibrio».
Donnarumma è già oggi da podio mondiale?
«Ha tutto per stare tra i più forti del mondo, ma prima deve confrontarsi con loro, nelle competizioni più importanti».
Come può vincere questo derby il Milan e come l’Inter?
«Magari decide un episodio, ma i derby si vincono mantenendo l’equilibrio emozionale, con il coraggio e la personalità che servono per imporre il proprio gioco e la propria strategia. E godendosi una partita così, essendo felici di giocarla».
Allegri, parlando dei leader del suo Milan, ha detto: «Seedorf era quello che rompeva le balle e che si prendeva le responsabilità quando la squadra era in difficoltà». Non vale dire Ibra e Lukaku: chi sono i leader che fanno vincere questo derby?
«Io ho sempre dato tutto per proteggere il progetto e l’interesse del gruppo, che ho sempre messo al primo posto: confrontandomi con tutti, se necessario anche esponendomi a nome della squadra. Che Ibrahimovic e Lukaku siano leader si sa, ma non esiste una grande squadra dove ce n’è uno solo. I leader naturali sono tali non solo per la fascia che portano, ma i due capitani hanno dimostrato di avere certe caratteristiche: negli anni ho visto crescere l’uomo Romagnoli, Handanovic ha cambiato il modo di esporsi nel prendersi le sue responsabilità».
Cosa le piace del progetto societario del Milan?
«Che è tornato ambizioso, solido, con chiarezza societaria. Ma la cosa che mi piace di più è che c’è Maldini: la garanzia del Dna Milan, che non si può trasmettere se non lo conosci e non lo hai dentro. Per com’è ambizioso, Paolo non starà molto tempo a parlare di quarto posto».
Ha sempre allenato squadre prese in corsa: è un rimpianto?
«Il rimpianto in questo senso è il Milan: per contratto dovevo partire a giugno, ho accettato di arrivare prima e poi non ho potuto continuare. Le altre opportunità le ho accettate per dimostrare il mio valore: mi sono dovuto prendere dei rischi perché le chiamate erano poche, e noi sappiamo perché».
Noi chi?
«Il mondo del calcio. Ho giocato 12 anni in Italia: dopo il Milan, pur avendo fatto un ottimo lavoro, zero chiamate. L’Olanda è il mio Paese: zero chiamate. Quali sono i criteri di scelta? Perché grandi campioni non hanno chance in Europa dove hanno scritto pagine di storia del calcio? Perché Vieira deve andare a New York, Henry in Canada? Per gli allenatori non ci sono pari opportunità: se guardiamo i numeri, non ci sono persone di colore nelle posizioni di maggior potere nel calcio. Ma è un discorso generale, riguarda l’intera società: tutti, in particolare chi può cambiare le cose, devono sentire la responsabilità di creare un mondo meritocratico, di tenere aperte tutte le porte se si ambisce all’eccellenza. Perché i migliori risultati possono venire proprio dalla diversità».
© RIPRODUZIONE RISERVATA