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Maignan: “Lavoro sempre per essere il migliore. La squadra deve vincere”

intervista Maignan AC Milan
Mike Maignan, portiere del Milan, si è raccontato a 'ESN Talks', format dell'agenzia Excellence Sport Nation che cura i suoi interessi
Daniele Triolo Redattore 

Mike Maignan, portiere del Milan, è il protagonista del nuovo episodio di "ESN Talks", format creato dall’agenzia Excellence Sport Nation che cura gli interessi anche dell'estremo difensore transalpino. Ecco, dunque, le dichiarazioni di Maignan.

Sulla sua infanzia e sui suoi primi passi nel mondo del calcio: "Ho iniziato a giocare a pallone a 6 o 7 anni. Inizialmente volevo fare l'attaccante, o comunque essere un giocatore di movimento. Poi ho iniziato a fare un po’ il portiere. Nel frattempo ho completato la mia formazione scolastica. E io non volevo proprio fare il portiere. Sai, per me era noioso. Guardi gli altri giocare, non ti diverti e ti arrabbi. Poi sono andato al Clairefontaine con un allenatore che mi ha detto: ‘Se arrivi all’ultimo turno, rimani in porta’. Sono arrivato all’ultimo turno, quindi alla fine sono dovuto rimanere in porta. C’era il PSG che mi seguiva. Quindi la mia fase giovanile è andata così". Sul ruolo del portiere Maignan ha aggiunto: "Devi avere personalità, devi essere creativo, devi avere una mente. La mente è fondamentale".


Maignan: "Non leggo la stampa. Certe cose mi infastidiscono"

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Sulla mentalità vincente come suo punto di forza: "In quello che facciamo, vogliamo essere tutti i numero uno. Questo è l’obiettivo. Essere il miglior portiere del mondo per un anno è facile, ma esserlo per diversi anni no. Ecco perché bisogna lavorare molto mentalmente. Lavorare, essere motivati, non arrendersi mai. Non importa quanti milioni guadagni o quanto sei famoso, devi continuare a lavorare. Per me questo è solo l’inizio. Ogni giorno lavoro tre volte tanto. E qui, sto lavorando sui dettagli. Ho già capito quasi tutte le cose fondamentali. Cerco di mantenere queste nozioni di base e di lavorare sui dettagli. ‘Perché ho fermato la palla?’. E poi ‘Perché non avevo il piede sulla palla in quel momento?’. ‘Perché non ero rivolto in questa direzione?’. E poi diventa un lavoro più mentale in cui in ogni situazione, devo essere almeno due o tre secondi avanti. Quando il giocatore ha la palla, so già di avere tutte le soluzioni. O tira sul palo vicino o cross o dribbla. E non mi metto sotto pressione. Io mi sveglio ogni mattina per lavorare e per essere il migliore. I miei compagni sono con me, giochiamo nella stessa squadra nel fine settimana, ma quando esco dall’allenamento devo essere migliore di loro. Quando c’è una partita, la mia squadra deve vincere. Se non lo fa, è un problema. E così che penso di poter mantenere il mio livello. Nelle partite in cui possiamo perdere 2-1, prendo due gol e non posso fare nulla. Ma penso nella mia testa cosa avrei potuto fare prima che si presentasse questa situazione. Se sono io a fare l’errore, mi siedo davanti al pc e guardo il video, da solo o con il mio allenatore. Lo faccio anche di notte, perché mi piace pensare. Osservo ogni dettaglio. E poi, una volta analizzato il mio errore, guardo dove è stato commesso l’altro errore. Se un giocatore ha commesso un errore, penso a cosa avrei potuto dirgli per richiamarlo, in modo che non commettesse quell’errore. Sono questi piccoli dettagli che mi hanno reso ciò che sono oggi. E ho anche una squadra. Io non sono proprio il tipo che legge la stampa e tutto il resto. A volte ricevo notifiche che non mi piacciono molto. ‘Ah, così e così è meglio di te’. E cose del genere che mi infastidiscono perché so che non è vero. E allora cosa faccio? A volte divento pazzo. Alle 23 mi alzo e vado in palestra. Mi alleno, il terzo allenamento della giornata. Perché prima mi sono già allenato. E mi alzo di nuovo il giorno dopo. E non sono stanco fino alla partita. Quando quella è finita e ho messo fuori gioco il mio avversario, mi riposo. A quel punto poi ricomincio da capo. Sono le prestazioni, quello che la gente dice di me, anche se non mi interessa, ma mi piace dare torto. E c’è qualcosa a cui penso da una stagione in cui ho fallito, tutto questo. Ho perso la mia stagione, avevo perso sei mesi, mi avevano fatto fuori. E la cosa che mi sono messo in testa: ‘Non aspettate che vedermi fallire’. Loro aspettano che io fallisca, ma io non fallirò mai. Questo significa che so che quando fallirò, c’è un fucile che mi aspetta. Quindi ogni volta continuo ad andare avanti".

Sulla pressione che subisce e suoi sogni: "Entro allo stadio determinato, so che devo fare il mio lavoro e che se do il massimo non mi può succedere nulla. Io cerco di bloccare tutti i commenti negativi. La cosa più importante è la mia famiglia, i miei ragazzi affidabili, il mio entourage. Li chiamo. Si parla prima della partita o della vita. Sogni? Onestamente non mi piacciono molto i sogni, sono una persona più oggettiva. Quello che vorrei è che tutti noi riuscissimo a farcela. Vorrei poter continuare a lavorare nel mio campo. Andare avanti, aprirmi delle porte perché quelle mi aiuteranno ad aumentare il mio patrimonio, a diventare più forte e tutte le persone che sono state con me fin dall’inizio, cioè la famiglia, i ragazzi affidabili, gli amici più stretti, potranno crescere. Loro mi hanno dato la forza, io lavoro con la loro forza e se Dio vuole, tutta la forza che mi hanno detto, posso restituirla. Mi avete aiutato così tanto che non vi siete nemmeno accorti che la forza che mi avete dato era in realtà opera vostra. Noi siamo sotto i riflettori, loro dietro le quinte". Nuovo attaccante, nomi e strategie del Milan >>>

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