Sui ricordi riguardo il Milan di quegli anni: "Il Milan ha avuto tanti giocatori francesi. Ho scoperto il Milan quando giocò contro il PSG e il Monaco in Champions League. Ho scoperto San Siro e i suoi tifosi, era una squadra molto molto forte".
Su come se la cavava nel calcio giocato: "Ero un giocatore come Gattuso, molto aggressivo, con tanto pressing e intensità nonostante non fossi molto alto. Non ero male ma non ero un super giocatore. Non avevo il profilo giusto per giocare. Mi piaceva di più il mondo attorno al calcio piuttosto che essere un giocatore".
Sul rapporto con i genitori: "Con i miei genitori sono molto vicino. Mio padre mi lasciava vedere le partite, mi lasciava giocare a calcio. Mia madre non era sempre d'accordo con me ma mi ha sempre lasciato fare ciò che volevo".
Sull'insegnamento più grande dei suoi genitori: "Mi hanno sempre detto di fare ciò che mi piaceva e soprattutto andare fino alla fine. Mi hanno detto di fare le mie esperienze, di viaggiare".
Sulle tappe della sua carriera: "Ho studiato management, era interessante ma mi mancava qualcosa a livello sportivo. Allora dopo aver studiato ho trovato un'azienda di calcio, Video Profile. Il loro lavoro riguardava i video delle squadre, dei giocatori e soprattutto dello scouting".
Sul Monaco: "Il direttore sportivo del Monaco mi chiamò e mi disse di dover fare un meeting con me perché l'allenatore di allora, Claudio Ranieri, aveva bisogno di un match video analyst".
Sull'emozione nel lavorare con il Monaco: "Non ci credevo, però quando è il momento giusto sai dove dover andare".
Sugli inizi al Monaco: "La squadra era in Serie B, ma il fondo russo cambiò tutto. Il mister Ranieri chiese di me ma in ufficio non c'era nulla, era tutto da creare. Per me fu interessante, avendo un rapporto subito con mister, staff e spogliatoio. Quello fu importante, perché vedevo e imparavo tutto".
Sul lavoro di scouting: "La mattina lavoravo con il mister, con lo staff e con i giocatori. Nel pomeriggio andavo sullo scouting. Era un lavoro difficile, senza riposo, però molto intenso e interessante. Il ruolo dell'analisi dell'avversario è molto importante. Si avevano almeno 3 appuntamenti con la squadra per analizzare la squadra avversaria".
Sui suoi viaggi: "In settimana ero sempre in ufficio, per parlare con i procuratori. Andavo nel weekend e tornavo di lunedì. Però quando fai questi viaggi conosci tante persone fra direttori sportivi e altri scout. La cosa importante è conoscere il giocatore che stai seguendo, il lavoro live è molto importante".
Sul rapporto con la squadra: "I giocatori hanno visto che arrivai con umiltà. Ho avuto poi la fortuna di avere un bel rapporto con loro".
Sulle sue migliori scoperte: "Sono tanti, soprattutto francesi. Dico però Ismael Bennacer, che è l'esempio di quanto tutti noi dobbiamo lavorare sempre di più per migliorare. Lo seguivamo tempo fa poi è andato all'Arsenal, ha trovato poco spazio ed è venuto qui in Italia. Al Milan è cresciuto tanto".
Sulla chiamata del Milan: "Mi hanno chiamato ad agosto per fare il capo scout quando è arrivato il fondo americano, Elliot. Per me la scelta era già fatta e parlai con il Monaco. Il progetto del Milan era molto interessante".
Sulle differenze fra Monaco e Milan: "Tutto diverso, qui ci sono più pressioni. In Italia c'è più passione, chiunque parla di calcio. Ho capito subito che dovevo fare bene, trovare i giocatori giusti. Al Monaco era più facile creare un processo di lavoro".
Sullo scouting al Milan: "Facciamo più meeting e una volta finito il lavoro video e analisi parlo direttamente con lo staff e il mister. Abbiamo fatto così per il mercato estivo. Cercavamo un profilo in particolare, poi però c'era anche il mercato. Ma l'importante è il rapporto con staff e allenatore".
Sul modus operandi: "Oggi c'è tanta concorrenza sul mercato, club tedeschi, spagnoli e italiani che lavorano bene. Dobbiamo avere una quantità di dati importanti, dalle statistiche agli infortuni. Quando abbiamo le informazioni complete vado a vedere il giocatore dal vivo. Se tu vieni al Milan non c'è solo il calcio, ci sono anche altre cose importanti".
Su cosa si guarda in un giocatore: "I dati ti aiutano a trovare giocatori che non conosci. Dal vivo però vedi altre cose: caratteristiche fisiche e tecniche. Poi vedo di cosa mi parla, come mi parla. Prendiamo un ragazzo che entra in uno spogliatoio di 25 giocatori e dobbiamo creare un mix di culture. Il club è sempre più importante del giocatore, il Milan è più importante. Vogliamo creare un gruppo".
Su Rafael Leao: "L'ho scoperto quando ero al Monaco. A Lisbona c'era una partita della Primavera dello Sporting. Ho visto un ragazzo alto, veloce e bravo tecnicamente che era Leao. Lo abbiamo seguito, ma non ha fatto sempre bene. La cosa più importante per me sono gli step del giocatore. Rafa ha fatto troppo bene, era su un altro pianeta. Adesso gioca bene e sono contento, è con noi qui a Milano".
Sulla presenza a Milanello: "Parlo la mattina con lo staff e il mister. Conosco i giocatori perché li seguiamo da due o tre anni. Parliamo della famiglia e della partita. Sono sempre aperto con loro, per capire le cose che possiamo sviluppare. Anche Giorgio Furlani mi aiuta tanto e mi lascia tanto spazio".
Sui momenti negativi del Milan: "Una stagione è molto lunga, dobbiamo essere calmi e lavorare. Ci sono sempre i momenti negativi. Per me è importante essere equilibrati, abbiamo una stagione lunga da giocare".
Sul futuro del Milan: "L'idea è quella di creare un gruppo forte che può lavorare sui 3/4 anni. Se facciamo una bella squadra vinciamo. Adesso abbiamo cambiato tanto, l'anno prossimo cambieremo due o tre elementi ma adesso abbiamo una base. Tutti vogliamo vincere subito, ma abbiamo bisogno di un piano". LEGGI ANCHE: Calciomercato Milan - Pobega out, Krunic via? Ecco la soluzione
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