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Alessandro Nesta (ex difensore AC Milan), qui durante Milan-Udinese (Serie A 2011-2012) | News (Getty Images)
"La partita con la Roma fu la peggior partita della mia carriera con la maglia della Lazio e in generale". Così Alessandro Nesta, leggenda ed ex difensore del Milan, ha parlato in un'intervista per Amazon Prime per il programma 'Fenomeni'. Ecco le sue parole: "Quella partita mi ha cambiato la vita, perché da li in poi ho messo qualcosa di diverso quando giocavo, mi ha fatto crescere perché li ho preso la prima batosta della mia carriera, e in quel momento ho capito che il talento non basta, bisogna mettere qualcos'altro e il giocatore di un certo livello".
Poi Nesta svela un retroscena sul passaggio al Milan: "Sapevo che quello era il mio ultimo anno con la Lazio, erano otto mesi che non prendevamo lo stipendio, eravamo a pezzi, il club da un punto di vista finanziario aveva tanti debiti. Io venivo dal settore giovanile, e se mi avessero venduto sarebbe stata una plusvalenza. È stato un anno difficile, all'inizio pensavo all'Inter, avevano parlato col club nerazzurro per mandarmi li, l'anno prima avevo detto di no al Real Madrid".
L'addio al Milan: "Ho detto basta dopo che mi sono operato e prendevo due voltaren al giorno, ero fritto. Il corpo cominciava a dirmi basta. L’anno prima avevo fatto le due partite col Barcellona con Messi, le avevo portate a casa non so come. L’anno dopo mi dicevo che se avessi beccato un altro così mi avrebbe sfondato, quindi ho detto che era ora. Il Milan mi aveva proposto un altro anno di contratto, io ho detto di no. Io sono un difensore e devo correre dietro la gente e quindi me ne sono reso conto che era ora, gli attaccanti fanno più fatica a capirlo".
La coppia con Maldini: "Ci avevo già giocato insieme in Nazionale, poi sono andato al Milan. È il più forte difensore in assoluto per qualità fisica e mentale. Sbagliava anche lui, pochissimo, ma quando sbagliava non lo intaccava per niente. Sempre sul pezzo, parlava poco. Il migliore del calcio mondiale. Mi ha insegnato la mentalità. Io venivo da Roma con il capello stirato, sandali e bermuda, lui mi ha insegnato come si stava al Milan. Aveva una forza… A 40 anni andava ancora come un treno. È stato il più forte, l’unica persona che quando incontro mi mette in imbarazzo. Perché? Non lo. Imbarazzo nel senso che è diverso dagli altri".
Il ricordo di Insabul: "Iniziamo nel primo tempo dicendo che li avremmo sfondati, eravamo carichi. Eravamo freddi. Nello spogliatoio abbiamo festeggiato? Ma no. È qualche scemo dell’altra squadra, non so neanche come si chiama, che ha detto ste cose… Noi invece abbiamo anche discusso, il clima era abbastanza teso, sapevamo che era ancora lunga. Sai chi li ha tenuti su? Gerrard. Era ovunque, è stato un animale. Poi nel secondo tempo l’episodio che prendi gol, il secondo che non capisci come e poi ti viene il braccino corto. Sapevamo a fine primo tempo che era ancora lunga e che avremmo dovuto giocare forte. È successo anche altre volte che prendi gol… Sul 3-2 ci è po’ mancato… Sul 3 pari abbiamo ricominciato, Dudek fa una parata clamorosa che neanche sa come ha fatto: apre un braccio e Sheva gli tira da un metro e la palla si impenna. Poi andiamo ai rigori e perdiamo. È stata una roba… È andato male tutto. Nello spogliatoio nessuno parlava, nessuno si è permesso. Eravamo con le famiglie, siamo andati a mangiare e c’era un silenzio… Tutti morti eravamo. Rino d’estate voleva andare via ma Galliani l’ha convinto, ma comunque eravamo tutti depressi. Per tutti i mesi estivi per quel mezzo secondo in cui apri gli occhi quando ti svegli dicevo: “Non è possibile dai, non è vero”. E invece dopo quando ci siamo rivisti ci siamo ricaricati. C’era un gruppo di italiani forte, quelli giusti. Ci siamo detti che non poteva finire così. Ci siamo rimessi al lavoro. Maldini ha detto le parole giuste, non parlava tanto: “Rimbocchiamoci le maniche, si riparte”. Dovevamo solo superarla. Rino era morto, penso si sia frustato tutta l’estate. È stato male, sai com’è lui. Ma alla fine si è ricaricato, era quello che ci dava l’input: dava due scarpate e partiva l’allenamento. Anche in quel caso è stato giusto. Paolo, Rino, Andrea, Ambro… Sono stati giusti e siamo ripartiti".
La Champions del 2003: "All’inizio… L’anno prima mi aveva chiamato il Real Madrid e non sono andato, volevo stare alla Lazio: ero un ragazzo particolare all’epoca. Poi è arrivato il Milan, la Lazio era mezzo andata… Il primo anno vinciamo Champions e Coppa Italia. Il mio Milan? Top mai visto. Puoi prendere qualsiasi casa che vuoi in affitto e loro ti pagano l’affitto. Dopo, se vuoi, ti portano al mobilificio e ti comprano tutti i mobili che vuoi. A mia moglie ho detto: “Non facciamo i romani…” (ride, ndr). Davvero devi pensare solo a giocare. All’inizio che mi sono staccato dalla Lazio stavo male, ma dopo che ho capito in che club ero mi sono tirato su le maniche. I primi quattro mesi ho fatto schifo. Prima partita a Modena, il mio esordio: ho fatto ridere. Poi sono partito, Paolo mi ha dato una mano. All’inizio non ero ancora pronto a staccarmi da Roma… Poi però ho cominciato e il primo anno sono stato fortunato perché abbiamo vinto la Champions".
La finale con la Juventus: "Nessuno ha dormito. Perché se perdi contro il Manchester United nessuno dice niente, ma se perdi contro la Juve… È stato molto teso anche Maldini, quando l’ho visto teso mi sono preoccupato. Io ero con Pirlo in camera, Andrea non si vedeva tanto che era teso. Ma era teso anche lui. Una partita tesa contro una squadra tesa, la Juve era rocciosa e tosta. Non era super bellissimo come giocava, ma ti venivano sempre addosso. Per me è stata una partita brutta. Nel primo tempo noi, nel secondo tempo loro… Poche occasioni, Buffon ha fatto una parata importante su Pippo, loro hanno preso traversa con Conte. E poi andiamo ai rigori…".
Come ha battuto Buffon: "Gli ho fatto un po’ di maledetta. L’ho presa col dito… Io avevo calciato un rigore, in U21. Prima dei rigori qualcuno zoppicava, altri non se la sentivano… Io ho detto che avrei tirato e il mister ha fatto finta di non vedermi al primo giro (ride, ndr). Poi ha visto che non tirava nessuno e mi ha chiesto se fossi sicuro: gli ho detto di non preoccuparsi. Non avevo mai calciato un rigore. Nella mia carriera ho avuto occasioni in cui sono andato a vuoto: ho fatto un derby in cui sono uscito a fine primo tempo, Montella mi ha fatto tre gol e non ci avevo capito niente. Ero rimasto ferito da me stesso. Allora dovevo trovare un’occasione per rifarmi. Dovevo essere credibile a me stesso, della gente non me ne frega niente. L’ho sentita di doverlo tirare, dovevo mettere via quella roba la. E allora mi sono presentato. Mi ero preparato: aspetto fino all’ultimo secondo e poi appena si muove Gigi la piazzo. Arrivo carico per tirare e invece Buffon non si muove, rimane fermo. Allora non avevo tanto un piano B, quindi ho dovuto aprire il tiro all’ultimo secondo e mi è partito un po’ così… E Gigione non l’ha presa. Poi follia, una festa mai vista. Eravamo a Manchester tutta la notte, tu sai bene cosa succede quando vinci con i tuoi compagni. Eravamo un gruppo speciale".
Sul suo Milan: "Fortissimo. Poi hanno avuto la bravura di mettere dentro due-tre giocatori che non conosceva nessuno come Ricardo Kaká: è arrivato che sembrava un postino. Ma andava a duecento all’ora, nessuno si aspettava che andasse così forte. Thiago Silva veniva dalla Russia, ci si chiedeva chi fosse. Invece era fortissimo. Thiago Silva, Stam, Maldini, Kaladze… Gente fortissima".
Sul rapporto con Seedorf: "Gli voglio bene come ad un fratello. Io ho un carattere particolare, ma pure lui. Litigavamo. Abbiamo litigato tanto, voleva sempre fare il contrario. Ma per dirvi che rapporto abbiamo, una volta lui è andato a Los Angeles e per 4-5 giorni mi ha lasciato il figlio a casa a Miami, è un grande amico mio. Però con Clarence, per caratteri, ci siamo beccati un po’… È un ragazzo super, un giocatore che in campo ti fa vincere le partite ma a volte personalità anche troppa. È un grande, un ragazzo d’oro". LEGGI ANCHE: Juventus e Milan, stessa storia e problemi simili. Dal mercato all'allenatore>>>
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