Sui suoi genitori, mamma svizzera e papà nigeriano: «Sì, io in Nigeria sono stato soltanto due volte ma ero più giovane, è passato tanto tempo. Mio papà è arrivato in Germania a 17 anni, poi è andato in Svizzera. Da lui ho imparato, mi ha sempre detto di essere felice, di sorridere, di trasmettere energia positiva e lottare forte per i miei obiettivi».
Sul motivo del tatuaggio 'Be your own hero' sulla gamba: «Perché penso di poter decidere ogni giorno che cosa voglio fare. Dipende solo da me, sono io il capo di me stesso e so che cosa voglio. Il tatuaggio nasce da questo pensiero. Voglio andare al massimo sia in allenamento sia in partita. Allenarmi sempre forte per fare il prossimo passo e migliorare».
Su Okafor che ha il mental coach da quando ha 15-16 anni: «Sì, credo sia importante per un giocatore giovane. Con questa vita abbiamo sempre pressione dentro e fuori dal campo: parlare con qualcuno per me è davvero importante».
Sugli altri tatuaggi che ha: «I volti sono dei miei fratelli. Due maschi, più piccoli di me, che giocano a calcio, uno in Germania, uno in Svizzera. E una sorella più grande. Per i miei fratelli io sono un idolo, vogliono fare come me, e io da piccolo mi prendevo cura di loro: abbiamo una grande relazione».
Su Rafael Leão come gemello 'aggiunto': «Sì, io e Rafa siamo come gemelli: entrambi dribbliamo molto bene, siamo giovani, abbiamo lo stesso humor. Ci siamo parlati per la prima volta dopo una partita tra Svizzera e Portogallo, poi ci siamo scambiati messaggi dopo la doppia sfida in Champions e siamo stati avversari anche al Mondiale. Abbiamo un bel rapporto, non vedo l’ora di giocare con lui».
Sulla sua condizione fisica: «Sto bene, sono stato fuori nelle ultime settimane ma dalla prossima sarò in gruppo».
Sul dietro le quinte della trattativa con il Milan: «Il Milan è rimasto in contatto con me per 6-9 mesi, contatti che nelle ultime due settimane sono diventati più intensi. Hanno visto che stavo bene, poi tutto è stato fatto in tre-quattro giorni e ... eccomi qui».
Sul perché ha scelto la maglia con il numero 17: «Il 7 è il mio numero preferito, infatti a Salisburgo avevo il 77. Qui il 7 era preso da Adli, allora ho scelto il 17, che è il vecchio numero di Rafa. Mi piace».
Sui giocatori del Milan del passato che gli vengono in mente: «Il Milan è un grandissimo club, con una grande storia. Ha avuto molte stelle, grandi giocatori ma anche ora siamo molto forti, giovani, affamati. Se devo scegliere, dico Ronaldinho, Ricardo Kaká e Ruud Gullit. Io sono ancora giovane ma voglio aiutare questa squadra a fare di nuovo la storia».
Sul dove preferisce giocare, se da punta centrale o da esterno: «Posso giocare a sinistra, a destra e da attaccante al centro. Sono flessibile. Devo adattarmi a un nuovo Paese, con una nuova tattica e nuove squadre ma ci sono già passato con il Salisburgo. Cerco di essere aperto con i compagni e lo staff, sono davvero felice di essere qui».
Sul gol rifilato al Diavolo in Salisburgo-Milan 1-1 di Champions e cosa ha detto con Mike Maignan e Pierre Kalulu: «Mike mi ha detto che è stata fortuna perché il pallone è passato tra le sue gambe ma sul dribbling a Kalulu non si discute, l’ho cercato. E poi ... un gol è sempre un gol». Centrocampista, la grande idea del Milan >>>
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