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Arrigo Sacchi (credits: GETTY Images)
Arrigo Sacchi, leggenda vivente rossonera, ha parlato del suo passato al Milan, delle tante vittorie e delle sua filosofia di gioco. Queste le dichiarazioni rilasciate nell'ultima puntata di 'Champions League Magazine'.
La sua idea di calcio: “Avevo delle idee semplici, cioè che l’ottimismo fosse meglio del pessimismo. Ma può essere ottimista uno che lascia il pallone sempre agli altri? Pensavo che il rischio fosse alla base di ogni avventura. Senza rischio cadi nel passato, e quando cadi nel passato sei un retrò. Il calcio è armonia, movimento, non è statico. Il calcio è una filosofia, per me il calcio è sempre stata una filosofia”.
Cosa chiedeva al suo Milan? “Il mio obiettivo era quello di vedere una squadra che fosse padrona del pallone, una squadra che vincesse con merito, dove la bellezza, la gioia, lo spettacolo e il divertimento dovevano essere elementi imprescindibili. Il segreto era una squadra che giostrava nei trenta metri, le distanze tra un giocatore e l’altro non erano mai superiori ai sei-sette metri. Dove tutti partecipavano alla fase offensiva e alla fase difensiva. Dove tutti erano polivalenti, uniti da un filo invisibile che era il gioco. Si muovevano ad occhi chiusi, poi io dicevo: “Ragazzi, se la palla l’abbiamo noi non ce l’hanno loro. E se l’avessero loro, noi andiamo ad attaccarli”.
Le vittorie: “Si dice che ci sia una connessione fra la grandezza di un sogno e il risultato. Noi, devo dire, che siamo andati oltre il sogno. La prima (Coppa dei Campioni, ndr) è quella che ha stupito tutto il mondo. La seconda non fu una partita bellissima. Van Basten venne incontro e Rijkaard andò dentro: così vincemmo la partita”.
Il suo addio: “Io quando andai via dal Milan dopo quattro anni dissi: “Adesso siete tutti professori, continuerete a vincere ma non giocherete più così”.
L'influenza delle sue idee nel calcio moderno: “Adesso le migliori squadre al mondo giocano un certo tipo di calcio. Quando c’è stata la finale l’anno scorso tra Chelsea e Manchester City su un giornale inglese un ex giocatore scrisse: “Giocano i figli di Sacchi”. Io ovunque vado, in qualsiasi posto dell’Italia ma anche all’estero, mi chiedono foto e autografi. Ma io non alleno più da 30 anni. La UEFA mi ha messo tra i 10 allenatori che hanno contribuito all’evoluzione del calcio. Gliene sono grato, a me sembrava di fare cose normali devo dire”. Leggi la nostra intervista in esclusiva a Santi Denia, ex difensore dell'Atletico Madrid.
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