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INTERVISTE

Milan, Scaroni: “Spesi 70 milioni, tutti favorevoli al nuovo stadio”

Paolo Scaroni, Presidente del Milan (credits: GETTY Images)

Il presidente del Milan Paolo Scaroni ha rilasciato una lunga intervista al 'Corriere della Sera'. Diversi gli argomenti trattati

Carmelo Barillà

Il presidente del Milan Paolo Scaroni ha rilasciato una lunga intervista al 'Corriere della Sera'. Diversi gli argomenti trattati dal numero uno rossonero, a partire dal difficile calciomercato di questa sessione estiva: "Il Milan ha speso 70 milioni in questa sessione. È vero però che le squadre italiane sono meno attive rispetto a quelle degli altri campionati. E qui bisogna fare un ragionamento. Primo, i mecenati sono ormai rarefatti. Secondo: finché abbiamo stadi obsoleti e servono incredibili lungaggini burocratiche per farne di nuovi, resteremo la Cenerentola d’Europa. I tifosi che chiedono risultati sportivi dovrebbero sostenerci in questa battaglia. E in loro confido molto".

Sul ritorno dei tifosi negli stadi: "È un primo passo importante, di cui sono grato al presidente Figc Gravina e a quello di Lega Dal Pino. Certo, non mi sfugge che in Germania, Francia, Inghilterra siano aperti al 100%. Speriamo di arrivarci anche noi. Gli stadi sono fondamentali. Gli altri hanno trasformato la partita in un evento che dura mezza giornata. Il Milan pre-pandemia incassava dallo stadio meno di 40 milioni, i concorrenti che troveremo in Champions sono sopra i 100".

Sul progetto del nuovo stadio di San Siro, Scaroni è ottimista: "Adesso a Milano siamo in epoca elettorale, ma non vedo nessuno che si opponga. Non la giunta Sala che ha studiato il progetto con attenzione e riconfermato l’intenzione a procedere al via libera dopo che noi abbiamo realizzato le 16 varianti richieste. Anche l’opposizione sembra favorevole. Mi auguro una rapida approvazione perché sono già passati due anni dalla presentazione del progetto e a Milano le cose si fanno".

Sull'appeal della Serie A: "Se lo dovessi misurare dalla vendita dei diritti tv all’estero dovrei dire che le cose non stanno andando molto bene. Direi mediocre, se la Premier incassa più del doppio di noi. E perdere i grandi giocatori non aiuta".

Sul momento dello sport italiano: "La vittoria degli Europei può aiutare, così come le vittorie olimpiche. È lo sport italiano che piace, è un momento magico per rilanciare la serie A, dobbiamo assolutamente riuscirci".

Sulla possibilità di vendere i diritti tv all'estero: "Vendere i diritti tv fuori dall’Italia è un mestiere: richiede contatti, conoscenze, professionalità che la serie A ha sviluppato molto poco. Serve una struttura organizzativa che oggi non ha: o prende un partner che ha uffici in tutto il mondo e la possibilità di assumere gli uomini giusti, oppure deve farsela in casa. Sette club si sono sempre opposti, al momento non è sul tavolo. Qualora tornasse in discussione dovremo riflettere come scegliere il partner migliore".

Scaroni ha parlato anche della Superlega e della posizione del Milan in merito: "Mi pare che i propugnatori, in particolare il Real Madrid, siano lontani dal desistere, anche rassicurati dal tribunale di Madrid che li ha messi al riparo dalle sanzioni Uefa: immagino siano pronti a fare modifiche, a cercare un compromesso con l’Uefa, ma credo che per loro un simile progetto possa avere ancora chance. Il progetto per il Milan è accantonato. Difficile rispondere per il futuro, dipende molto da come le istituzioni come la Uefa si posizioneranno e da cosa diranno gli appassionati. Ma qualsiasi progetto dovrà essere concertato tra le parti".

Sul PSG e il Fair Play Finanziario: "Io non dimentico che esiste ancora il financial fairplay e soprattutto non dimentico che il Milan è stato colpito duramente, con l’esclusione dall’Europa League. Ho troppa fiducia nella Uefa per non pensare che non si comporti con altri come si è comportata con noi in caso di violazioni. Mi auguro che se ci sono stati modi per sfuggire in passato non si ripetano e si faccia un rigoroso calcolo tra i risultati economici e gli acquisti fatti. Le deroghe sono durate un anno, stiamo tornando alla normalità. Se si vorrà modificarlo, magari con un salary cap, ben venga. L’importante è che finché esiste una regola venga applicata per tutti".

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