Ariedo Braida, ex dirigente del Milan, portò Massimiliano Allegri, nel 2010, da direttore generale, sulla panchina rossonera. Di questo e di altro ha parlato in un'intervista in esclusiva concessa a 'La Gazzetta dello Sport' oggi in edicola. Ecco, dunque, le dichiarazioni di Braida su Allegri, che potrebbe tornare a guidare i rossoneri dopo oltre dieci anni.


INTERVISTE
Milan, senti Braida: “Allegri, una scelta di garanzia”. Sul DS aggiunge …
Ex Milan, Braida parla di Allegri alla 'rosea'
—Sull'arrivo di Allegri al Milan nel 2010: «Io, Adriano Galliani e Umberto Gandini, in auto nel Varesotto. Ricordo bene: fu la prima volta che parlammo di Massimiliano Allegri e poi lo chiamammo».
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Su come arrivarono alla decisione di portare Allegri al Milan: «Eravamo tutti convinti, pure il Presidente Silvio Berlusconi. Allegri era un emergente, aveva fatto molto bene a Cagliari, dove aveva mostrato anche un buon calcio. Sapevamo che per lui era il momento di salire un ulteriore gradino e il Milan poteva essere la prossima meta. Non fu una trattativa complicata e Max si presentò con grande entusiasmo a Milano: era la persona giusta».
Su Allegri persona giusta anche per il Milan di oggi: «Per il suo passato parlano i risultati, non io. Allegri ha vinto al primo anno con noi e poi ha saputo ripetersi più volte anche alla Juventus. Sul futuro, invece, la verità la conosce solo il tempo. Max però avrebbe un bel vantaggio: conosce già il Milan, Milanello e tutto il contorno».
Su cosa intende come contorno: «La pressione, la cultura e le aspettative dei tifosi di un club come il Milan. Max ha già vissuto tutto questo, saprebbe a cosa va incontro. E forse, dopo una stagione con due allenatori diversi che si sono misurati per la prima volta con la panchina di San Siro con grandi difficoltà, sarebbe una scelta di garanzia per la sua esperienza».
Su Allegri usato garantito per il Milan: «Nel calcio non c’è nulla di garantito. Mai. E tutti fanno errori. Ma ecco, con lui la quota di rischio, almeno in partenza, sarebbe minore. Poi è chiaro che ogni situazione è diversa dall’altra. Una società è composta da un proprietario, un presidente, un amministratore delegato, un direttore sportivo, un allenatore e parecchi giocatori: tutte le componenti devono dare il giusto contributo, nessuno vince da solo».
Su cosa gli piace di Allegri allenatore: «Il suo essere pragmatico. Allegri sa fare il suo mestiere, gestire i bravi giocatori e portare risultati in base alla rosa che ha a disposizione. Lo ha fatto ovunque».
"I ritorni di Sacchi nel 1996 e Capello nel 1997? Situazioni particolari"
—Sulle critiche che Allegri ha ricevuto nella sua seconda esperienza alla Juventus: «Nessuno è perfetto, nel calcio come nella vita. E tutti possono essere criticati, per un motivo o per l’altro».
Su Allegri ancora un allenatore 'da San Siro': «Aggiungo un altro parametro: al Milan un metro diventa sempre un metro e dieci (ride n.d.r.). Perché non è un club come tutti gli altri. Allegri, però, ha già dimostrato di sapere come si fa, sia a Milano che a Torino con la Juve».
Sui ritorni poco felici al Milan di Arrigo Sacchi nel 1996 e di Fabio Capello nel 1997: «Erano situazioni particolari. Arrigo arrivò a stagione in corso, non fu facile per lui. Così come con Capello l’anno dopo ci furono delle problematiche non dipendenti solo dall’allenatore. Una squadra è sempre un ambiente complesso: dalla società al tecnico e ai giocatori, serve un lavoro coordinato, una visione comune. E non sempre è agevole trovare l’alchimia giusta, dalle scelte sul mercato alla quotidianità di una stagione».
Sui nomi di Fabio Paratici e Igli Tare in corsa per il ruolo di direttore sportivo del Milan: «Conosce bene entrambi. Fabio è stato anni alla Juve, poi ha maturato esperienza pure all’estero, al Tottenham: non arrivi (e ti mantieni) a certi livelli per caso. Igli, invece, ha contribuito ai buoni risultati della Lazio e ha dimostrato con ottime intuizioni di essere in gamba. Sono due nomi che apprezzo».
Su chi vedrebbe meglio al Milan tra i due: «Chi sbaglia meno (ride n.d.r.). Quando un DS deve giudicare un calciatore o costruire una squadra, l’occhio clinico è la prima qualità e per me ce l’hanno sia Paratici che Tare. Poi non conosco nessun dirigente che non fa errori, quindi impossibile sapere oggi cosa farebbe uno o l’altro». LEGGI ANCHE: Calciomercato, il Milan molla Abraham: sul taccuino sostituti da doppia cifra >>>
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