Sul primo impatto di Berlusconi come proprietario del Milan: «Ci disse le sue ambizioni, esponeva obiettivi enormi da raggiungere con il Milan. La prima impressione non fu del tutto positiva, credevamo di avere a che fare con una persona proiettata troppo verso il futuro, che non riusciva a capire la realtà e dove fosse capitato. Qualcuno pensò: è matto! Ma alla fine s’è capito che i “pirla” eravamo noi, non certo lui …».
Su quando hanno capito che Berlusconi non era visionario ma che avrebbe tagliato certi traguardi: «Quando abbiamo realizzato che effettivamente potevamo mettere in pratica ciò che ci chiedeva Sacchi, altro personaggio inizialmente considerato troppo pretenzioso. Credo che lì sia nato qualcosa: abbiamo capito che potevamo davvero fare la nostra parte in campionato. Poi tutto è cambiato quando abbiamo vinto lo Scudetto, ovviamente, ma già prima eravamo diventati Squadra. La sensazione che Berlusconi aveva semplicemente preso “uno che gli piaceva” era diventata convinzione che avesse scelto uno bravo, all’altezza e pure di più. Aveva avuto ragione lui».
Sui suoi interventi (o, per meglio dire, ingerenze) con gli allenatori: «Ma io non credo che sia stato ingombrante. Se interveniva, lo faceva per dare e suggerire qualche opzione in più. Penso sia una situazione pregevole, positiva. Faccio un esempio: poteva dire la sua per sostenere che invece di passare sempre e comunque dal possesso basso, ogni tanto si sarebbe potuto provare a buttare palla lunga per le nostre due punte che erano molto alte: mi riferisco a van Basten e Gullit. Era una riflessione consapevole e anche veritiera, anche se Sacchi questo non lo voleva perché aveva un’altra idea di calcio. Ma Berlusconi offriva spunti e osservazioni che non erano mai delle banalità. Non l’ho mai sentito dire cose insensate sotto l’aspetto tecnico, di sistema o di situazioni di gioco. Questo vorrei che fosse chiaro: era competente. Dava opinioni che potevano essere magari non condivisibili, ma che comunque potevano starci in un discorso tecnico».
Sui momenti di vicinanza con l'ex Cavaliere: «Mi ha aiutato materialmente anche in occasione in cui mia madre ebbe un problema: lui mi permise, attraverso i suoi contatti, di aiutarla e probabilmente anche di salvarla. E a livello motivazionale aveva una grandissima capacità di andare verso le persone in difficoltà. Io ho avuto un periodo di tensioni con Capello, che mi aveva messo fuori in occasione di un quarto di finale di Coppa Campioni con il Benfica. Il Presidente mi avvicinò, io ero giù di morale. Lui mi disse delle parole che mi aiutarono. Iniziò con la solita barzelletta. Ma dopo aggiunse cose molto serie ...».
Sulle barzellette di Berlusconi: «Se facevano ridere sempre? Beh, ogni tanto si faceva anche finta. Non erano tutte buone, le barzellette: però lui le rendeva migliori di quello che erano».
Sulla squadra che Berlusconi sentiva più 'nemica': «Non ricordo e non credo ci sia mai stata una squadra “nemica” dal suo punto di vista. Erano tutti, semplicemente, avversari da battere. Anche quando giocavamo il derby contro l’Inter non usava parole diverse. Ha sempre considerato gli avversari con rispetto: aveva una grande mentalità e una cultura sportiva che infatti hanno ricordato in tanti, in questi giorni. Quando perdevamo in casa andava spesso nell’altro spogliatoio a fare i complimenti agli avversari. Ci ha fatto crescere molto anche sotto questo punto di vista. Poi per carità, ci sono anche stati episodi in direzione diverse, ma quella squadra era matura e sportiva nella cultura». Milan sull'astro nascente del calcio europeo >>>
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