Sul suo trasferimento dall'Atalanta al Milan per 10 miliardi di lire: «Un sogno che si avverava. Da ragazzo ero tifoso del Milan, il mio idolo era Rivera, adesso ero un giocatore del Milan. Avrei calpestato l’erba di 'San Siro', vestito la maglia per batteva il mio cuore. Era già fantastico così. Poi ho conosciuto Berlusconi, che non era ancora famoso come oggi, ed è stato ancora meglio: aveva la mia stessa passione. Ti faceva rendere di più».
Sul primo approccio con Berlusconi: «Quando ti parlava, era così bravo a caricarti che riusciva a tirare fuori il tuo meglio. Ti rendeva partecipe del progetto. Era come se, inconsciamente, tu dovessi ricambiare tante attenzioni. Non era un modo per dirgli grazie, ma la voglia di restituire quello che ti dava».
Sul Milan che lo strappò alla Juventus grazie a Berlusconi: «In effetti mi sono trovato a un bivio. All’epoca la Juve era la squadra più importante e vincente, dettava legge sul mercato: bastava a volte una telefonata e quel giocatore era suo. Con l’Atalanta c’era una linea diretta. Grazie all’allora direttore sportivo Previtali parlai con Galliani e Berlusconi e furono decisivi per la mia scelta. Anche se il Milan veniva da momenti difficili. Ma era bravissimo a convincerti».
Sulle parole dette da Berlusconi, "'Donadoni accende la luce a 'San Siro'": «Frasi che davano valore, ma anche responsabilità. Un connubio magnifico. Per me milanista sentirla significò toccare il cielo con un dito».
Sulla gente che considerava Berlusconi come 'Re Mida' e quella richiesta a Donadoni: «Era il primo anno al Milan e non andava proprio benissimo. C’era Liedholm in panchina poi sostituito da Capello, lo spareggio con la Sampdoria per la Coppa Uefa, diversi altri problemi. Viene da me e cominciamo a camminare per i viali. Mi fa subito: “Ma tu cosa pensi che la gente dica di me?”. Io sono stupito, non so cosa dire e resto in silenzio».
Sulla sua reazione dell'epoca: «Ero giovane, appena arrivato, in quel momento penso che se dico una cosa sbagliata mi rovino. Così non apro bocca. Lui capisce e mi fa: “Te lo dico io cosa pensano. Che sono come Re Mida: tutto quello che tocco diventa oro. Ma non è fortuna. La verità è che mi faccio un mazzo così, non lascio niente di intentato, le provo tutte, ci penso e ci ripenso. Do sempre il massimo. Dovete farlo anche voi in campo”. Ecco, era stato anche un modo per dare la carica. Ma Berlusconi era così: c’era sempre un progetto dietro i suoi successi. Niente d’improvvisato».
Su cosa è stato Berlusconi per Donadoni: «Se parliamo in termini di importanza assoluta, nella mia vita non c’è mai stato nessuno così. È come quegli amici che magari non vedi da tempo, eppure senti sempre vicini, come se quegli anni non fossero passati. Berlusconi c’è stato sempre, anche nei momenti più difficili. Quando ho divorziato per me è stata dura, ma Berlusconi mi è stato accanto, mi ha dato consigli. Adesso mi sento vicino ai suoi familiari e ne approfitto per fargli le condoglianze: sono loro che oggi soffrono di più».
Sulla bella storia da raccontare di Berlusconi e Donadoni: «Ce ne sarebbero tante. Forse una delle più belle è quando andiamo da lui ad Arcore. Era uno ospite straordinario, ti metteva a tuo agio. Aveva una vera e propria pinacoteca in casa e io, da bravo appassionato, chiedo se posso fare un giro e vedere questi quadri meravigliosi».
Sull'esito della vicenda: «Accontentato? Naturalmente. Anzi mi raggiunge e mi fa: “Ti piacciono, Roberto?”. Eccome, rispondo. Così, in un paio di queste visite, prima di partite importanti di Coppa Campioni contro il Real Madrid, o altre di campionato, mi dice: “Se fai gol te ne regalo uno”. Sapeva che segnavo poco e forse pensava di passarla liscia, ma io segno. Forse era il suo modo di spronarti. Comunque, l’indomani si presenta alla porta un corriere e dice: “C’è un pacco per lei”. È successo un paio di volte. Era di parola». Chelsea, soldi e un giocatore per Maignan >>>
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