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Savicevic: “Berlusconi mi voleva bene come un secondo padre”

intervista Savicevic AC Milan Berlusconi
Dejan Savicevic, ex attaccante del Milan, ha parlato di Silvio Berlusconi, suo Presidente in rossonero, scomparso lunedì a 86 anni
Daniele Triolo Redattore 

Dejan Savicevic, ex attaccante del Milan di Silvio Berlusconi negli anni Novanta e oggi Presidente della FederCalcio del Montenegro, ha parlato della scomparsa dell'ex proprietario rossonero a 'La Gazzetta dello Sport' oggi in edicola. Queste, dunque, le sue dichiarazioni.

Milan, Savicevic ricorda così il compianto Presidente Berlusconi

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Su Berlusconi: "Il Presidente era veramente un secondo padre. Mi voleva bene. Anch’io a lui. Lo saluterò per l’ultima volta, è stata una partenza difficile”.


Sui funerali: "Ho parlato con Daniele Massaro e gli ho detto che potevo prendere un aereo alle 11:00. E lui mi ha consigliato di aspettare, perché è un Funerale di Stato, ci sono regole e restrizioni per la sicurezza. Va bene, capisco. Poi mi hanno richiamato e a quel punto sono partito in macchina, da Podgorica per Milano. Oggi in Duomo ci sarò anch’io, non posso mancare”.

Su cosa è stato Berlusconi per Savicevic: "L’ho detto, un secondo padre. Sembra una parola grossa, esagerata. Ma è così. Sentivo che mi voleva bene, che mi stimava, mi difendeva. Anche troppo …".

Su un aneddoto che ricorda: "Ho fatto delle ca**ate e ho sbagliato, ma lui sistemava tutto e mi diceva di stare tranquillo, di portare pazienza. Una volta, contro l’Anderlecht, ho rifiutato di andare in panchina. È venuto fuori un casino, Capello si è arrabbiato. Berlusconi ha dato ragione a Fabio, ma ha detto anche che Dejan va capito. 'È un fuoriclasse e soffre perché non gioca'".

Sulle volte che Savicevic andava in panchina: "Sai, io volevo giocare. È vero, a 17 anni ho rifiutato la panchina e detto all’allenatore del Buducnost: “O gioco o vado in tribuna”. A 21 anni ho detto a Osim, tecnico della Nazionale: “Se mi convochi mi fai giocare, altrimenti resto a casa”".

Se ha mai detto una cosa simile a Capello: "No, mai. Io volevo giocare, giocare e giocare. Mi avevano preso per questo, nel 1992. Ma non è andata così, ho aspettato molto, ho sofferto".

Sul suo trasferimento al Milan nel 1992: "Il Milan era il top in Europa. Vero, dovevo andare alla Juve, poi alla Roma, poi al Monaco in Francia. Io ero alla Stella Rossa, avevamo vinto la Coppa dei Campioni, battuto il Marsiglia a Bari. Dovevo vincere il Pallone d’oro, ma l’hanno dato a Papin. Ha perso la finale, è arrivato secondo, ma era francese. Capisci?".

Su Savicevic al Milan per un blitz dell'ultimo minuto: "Sì, una cosa veloce. So che c’era l’interesse della Juve. È venuto Ariedo Braida, un grande dirigente, a Belgrado e ho firmato. È stato tutto molto facile. Braida era felice e diceva: bene bene, nema problema, Dejan".

Sull'inserimento difficile nel Milan di Capello: "Sì. È stata durissima, non ce la facevo. Stavo diventando matto, volevo tornare a casa. Dopo sei mesi ho chiesto di andar via …".

Sulla confessione di voler andare via fatta a Berlusconi: "Glielo dissi ma lui mi diceva di stare sereno. Capello mi faceva giocare pochissimo, anche perché davanti c’erano Gullit, van Basten e Rijkaard. E allora mi mandava in campo per venti minuti. E io gli dicevo: “Ma fammi fare 5-6 partite complete di fila, e poi capirai se sono da Milan. Se non lo sono, me ne vado”. C’erano richieste, non ero l’ultimo arrivato".

Su quando Savicevic è diventato 'Il Genio del Montenegro' al Milan: "Dopo un po’ di tempo e tanti problemi dovuti alla lingua, il rapporto con la città, il cibo, i compagni, il campionato diverso. Mi hanno aiutato molto il Presidente e Boban. Zvone mi diceva: “Dejan, non fare lo scemo, sei più forte di tutti, non andar via. Vedrai, giochi e poi spacchi tutto”".

Sulla finale di Champions 1994 contro il Barcellona, con un suo gol e Berlusconi che diventava capo del Governo: "Sono passati quasi trent’anni. Ma è vero, certe cose, certe emozioni non si possono più dimenticare. Giocavamo contro il Barcellona, eravamo sfavoriti, spacciati. E invece abbiamo vinto 4-0 …".

Su cosa gli disse Berlusconi dopo quella partita: "Lui non c’era. Lo avevano appena eletto Presidente del Consiglio. Mi telefonò il giorno prima della partita: “Caro Dejan, dicono che sei un Genio. Bene, dimostramelo contro il Barcellona”".

Sull'esito del match dopo quella telefonata: "Sì, dai, è andata bene. È stata forse la più bella finale. E quando penso a quel gol mi viene sempre in mente il mio Milan, Berlusconi, quell’ambiente meraviglioso. Siamo diventati così perché c’era lui, il nostro grandissimo Presidente". Milan sull'astro nascente del calcio europeo >>>

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