INTERVISTE

Napoli-Milan, Sacchi: “Vedo alcuni azzurri spenti e sazi. Su Leao …”

Daniele Triolo Redattore 

Arrigo Sacchi, ex allenatore rossonero, ha parlato di Napoli-Milan a 'Il Mattino' oggi in edicola. Ecco le sue dichiarazioni sul big match

Arrigo Sacchi, ex allenatore rossonero dal 1987 al 1991 e, successivamente, nel 1997, ha parlato di Napoli-Milan di domenica sera in campionato in un'intervista rilasciata a 'Il Mattino' oggi in edicola. Ecco, dunque, le dichiarazioni del 'Profeta di Fusignano'.

Napoli-Milan, Sacchi la gioca d'anticipo: la sua opinione

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Su Napoli-Milan come snodo Scudetto: «Sono lì davanti, nel gruppo delle squadre di vertice insieme all’Inter e alla Juve. Se la giocano e saranno nel mucchio fino alla fine. È evidente, però, che Napoli e Milan siano due collettivi in difficoltà. Riguardo il Napoli, lasciamo tempo a Rudi Garcia: è un allenatore nuovo, deve far rendere i giocatori, deve difendere lo scudetto che è già una grande responsabilità. Occorre pazienza».

Sulla 'cura De Laurentiis', con il Presidente più vicino all'allenatore, che funziona: «Il Presidente è il Presidente. Certe volte non serve neppure parlare. Bastano secondi, neppure sproloqui. Dopo le difficoltà iniziali contro Fiorentina ed Espanyol, ai miei tempi, Silvio Berlusconi fece un discorso di 27 secondi. Ci convocò nell’ufficio, si rivolse ai giocatori e disse: “Ho fiducia in Arrigo, sto con Arrigo. Chi di voi la pensa diversamente sarà ceduto. Buon lavoro a tutti”. Ricordatelo e scrivetelo: un club con la propria cultura e la propria storia, rappresentato dal proprio Presidente, viene prima della squadra. La squadra viene prima del singolo».

Su ne risentirà di più tra il Napoli senza Victor Osimhen e il Milan con Olivier Giroud spremuto: «Nessuna squadra paga dazio a priori perché il calcio non è un uomo ma un collettivo. Il Napoli lo ha già dimostrato: vince anche senza Osimhen, così come il mio Milan ha vinto lo Scudetto con Marco van Basten che giocò poche partite intere e poi ha alzato al cielo la Coppa dei Campioni con Ruud Gullit a mezzo servizio. Dunque il Napoli resta solido, può vincere a prescindere dall’assenza del suo bomber. Il problema è capire come vince».


Su come vincere le partite: «Qui si apre un discorso sul famoso giuoco tanto caro a Berlusconi, che diceva vincere, convincere, divertire. Giocare bene non è forma, non è dettaglio: giocare bene è il primo passo per vincere e per restare competitivi a lungo. Poi i in Europa, dove il calcio è più evoluto emettono al centro spettacolo e collettivo, l’Italia e le nostre italiane di Champions ne escono con le ossa rotte. Avete visto il Napoli a Berlino?».

Sul Napoli visto in Champions League in casa dell'Union: «Certo, verissimo. Però non ha dato spettacolo. Non mi sono piaciute la cifra del gioco e la distanza tra i reparti. Vincere aiuta a vincere, d’accordo. Però vincere non fa sempre bene, se non sei abituato a farlo. Vedo giocatori un po’ spenti o forse un po’ sazi, alcuni di loro forse si sentono arrivati. Non riconosco più Stanislav Lobotka. Prima era uomo ovunque e non perdeva palloni. Adesso è un giocatore diverso. Chi non correva con me non giocava. Vale per tutti. Se io fossi l’allenatore, lo farei ancora adesso. Vale anche per qualche milanista».

Sui giocatori del Milan in calo:«Rafael Leao l’anno scorso ha fatto la differenza nelle sfide ravvicinate con il Napoli. Però Leao è Leao se corre, se scatta. Se non corre, io non lo faccio giocare. Talvolta per i giocatori occorre anche il pugno duro».

Su Napoli-Milan 2-3 del 1° maggio 1988: «Manifesto della civiltà, perché i napoletani sugli spalti furono correttissimi, riconobbero la nostra superiorità di gioco e ci applaudirono. È un ricordo forte: è cultura dello sport ma anche capacità di riconoscere i meriti di un avversario. Accadeva nello stadio di Diego, oggi intitolato a lui».

Su chi era Diego Armando Maradona per lui: «Un giorno mi permisi di dire che in tre anni il mio Angelo Colombo, il mediano, aveva vinto più di Maradona. Da quel momento, giù titoloni: “Sacchi ha detto che Colombo è migliore di Maradona”. Poteva mai essere? Maradona è stato il tocco d’artista del nostro calcio. Resta però il collettivo. Al ristorante mi chiesero chi avrebbe marcato Maradona. Mia moglie: “Ma tu non giochi a zona?”. Probabilmente o lo facevo male o non volevano capire». Theo e Leao problemi del Milan? L'opinione di Capello >>>


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