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L'intervista di Christian Panucci (ex difensore AC Milan) sui rossoneri al canale 'Twitch' del club | Milan News (Getty Images)
Christian Panucci, ex terzino del Milan per tre stagioni e mezza dal 1993 a gennaio 1997, si è raccontato al canale ufficiale 'Twitch' del club rossonero. Ecco, dunque, le sue dichiarazioni.
Sul suo addio al Milan: “Anch’io paradossalmente ho sofferto molto perché arrivò Arrigo Sacchi, con cui ora ho un rapporto bellissimo, ma lui era legato ai suoi giocatori. Quindi vedeva questo ragazzino qua un po’ esuberante e non gli piacevo. Quando capisci che non puoi stare più in un posto, posto a cui ero legatissimo e lo sarò per sempre. Sarò sempre riconoscente a Berlusconi e Galliani, lì ho vinto due Scudetti, la Supercoppa, la Champions League. Sono diventato uomo, lì ho acquisito la cultura del professionismo, poi capisci che quando ti dicono che c’era il Real Madrid di Fabio Capello che mi voleva … Una volta mi voleva l’Arsenal ma neanche me l’avevano detto, quindi ho capito che il mio tempo lì era finito. Poi sono andato a Madrid con Capello, quindi non è che posso rimpiangerlo. Ma il Milan è il Milan”.
Galliani e Braida vennero a farti firmare il contratto mentre tu eri in nazionale con l’U21? “Erano i giochi del mediterraneo, vennero giù e quel giorno cambiò la mia vita. Ricordo che giocavo al Genoa e avevo un pre-contratto, guadagnavo 960mila lire. Da quel momento lì è cambiata la mia vita, l’anno dopo ho comprato una casa a mia mamma e mio padre. Quel giorno lì è indimenticabile. Comprare casa a mamma e papà uno dei trofei più belli della mia vita. Io arrivo da una famiglia molto umile, mio papà era un postino ed è riuscito a crescere due figli. Avevano avuto lo sfratto e il mio pensiero è stato quello di regalare un tetto ai miei genitori, penso che sia normalissimo per un figlio essere riconoscente verso papà e mamma”.
Su Milan-Barcellona 4-0, finale di Champions League 1994: “La settimana prima Cruijff faceva tutte le foto con la Champions, caricava, sembrava già aver vinto la partita. Con un gruppo di uomini come quello del Milan non ha fatto altro che caricare l’ambiente. Giocammo la settimana prima a Firenze e provammo Desailly centrale. Arrivammo ad Atene carichi, ma non pensavamo di fare una partita così travolgente. Li abbiamo annullati in tutti i settori, non ci hanno capito nulla. È stata una partita a senso unico, quella sera eravamo troppo più forti di loro. Ogni tanto parlo con Guardiola di quella sera, mi dice che quella sera non capivano da che parte provare. Io avevo Stoichkov, che dopo 20 minuti l’ha spostato dalla parte destra e per me è stata una soddisfazione… Io avevo 20 anni, l’anno prima mi ero salvato all’ultima giornata col Genoa. Quella sera lì li abbiamo tritati, è un ricordo indelebile. Ne parliamo spesso con Pep Guardiola e con Ferrer, gioco spesso con loro a golf in Spagna, loro non se la ricordano perché neanche sono entrati in campo. C’era Desailly che quando l’arbitro ha fischiato la fine l’abbiamo dovuto portare fuori perché non se n’era neanche accorto. Io ero contro Stoichkov, pallone d’oro… Ma me l’ero preparato, gli giocavo a due metri, non gli ho fatto prendere la palla neanche una volta, se la voleva doveva andare in profondità. Mi sono detto: “È bulgaro, in profondità ci va solo una volta e poi vuole solo palla sui piedi. Come arriva palla gli faccio un’entrata da dietro che lo ribalto in tribuna”. Quando ero lì gli sono stato sempre vicino, e quando l’ho visto spostarsi a sinistra dopo 20 minuti ho detto “Qui ho fatto il mezzo lavoro”. Mi ricordo che quando ce ne siamo andati da Atene con il pullman la gente era ancora a festeggiare. È stata una notte unica”.
Capello non esultava perché non voleva prendere gol: “Ma noi eravamo i primi a non voler prendere gol. Pensa a Sebastiano Rossi, quando prendeva gol in partitella durante la settimana c’erano dei cinema mai visti”.
In quello spogliatoio chi era che parlava nei momenti di difficoltà? “Era una squadra di grandi leader. Molte volte siccome c’erano tanti leader avevamo la fortuna che perdevamo poco. Quando perdevi c’era silenzio perché non vedevi l’ora di giocare quella dopo. I leader erano Franco, Paolo, Donadoni, Costacurta. Io ero il ragazzino che stava zitto e pedalava, però avevo la personalità per dire anche il mio pensiero. Ma quando parlavano loro io assolutamente stavo in silenzio, anche perché in quegli anni lì qualche bastonata l’ho presa anche io. Ma dico sempre che sono scosse di assestamento che ti fanno entrare nel mondo Milan”.
Sui consigli che darebbe a Charles De Ketelaere: “Adesso è il momento giusto per i giovani al Milan, perché credo che con Paolo dentro il Milan sono tornati i valori della professionalità, della serietà, che fanno capire cos’è il Milan. In questo momento come non mai ha la possibilità di entrare per poi, come ci dicevano una volta, trovarsi di fronte due strade: se prendi quella di sinistra, cioè se resti al Milan, prendi quella giusta, se prendi quella di destra sei fuori. Credo che in questo momento a De Ketelaere bisogna dargli tempo. Arriva da un campionato dove i ritmi non erano alti, è un ragazzo giovane con tante aspettative. Probabilmente non è ancora riuscito ad esprimere il suo valore. Non abbiamo sempre troppa fretta di vedere un giocatore subito da protagonista. Tonali ha fatto un cambio in un anno, da un giocatore che entrava è diventato insostituibile. Tonali corre per 90 minuti: domenica, mercoledì, domenica mercoledì. È un giocatore straordinario. Nel Milan capisci cosa devi fare per diventare giocatore: se lo capisci è bene altrimenti sei fuori”.
Ti consideri il primo terzino moderno? “Non vorrei essere presuntuoso, ma io giocavo sia col destro che con il sinistro, mi considero un giocatore che nel calcio di oggi ci sarebbe potuto stare. Ho fatto anche il centrale, ero un giocatore duttile. Credo che non avrei avuto problemi su questo calcio”.
È vero che saresti potuto tornare al Milan? “Galliani me lo promise, perché lui ha sempre ammesso l’errore di aver dato retta ad Arrigo (quando Panucci fu ceduto, n.d.r.). Io sarei tornato subito, per me il Milan è stato il primo amore, dove sono diventato giocatore, dove fortunatamente ho preso la mentalità di quei ragazzi. Tutti parlano del mio carattere, ma come mai Fabio Capello mi ha voluto da tutte le parti? Io ho fatto 700 partite, sono stato espulso una sola volta, quando risposi a Farina che mi urlò in faccia: “Cavolo (ride, ndr), se mi urli così mi fai pena”. Rosso diretto. Ma non ho mai perso la testa in campo. Capello mi ha voluto con sé da tutte le parti, mi ha voluto anche in Russia a fare il secondo. Capello non ti regalava nulla. Si parlava sempre del mio carattere, ma forse è stata la mia grande fortuna. Ho lasciato un ricordo ottimo al Milan, sono ancora amico con Billy e Paolo. A 19 anni ti catapulti nella squadra più forte del mondo, è ovvio che per un momento sbarelli. Però solo un per un momento. Ho ancora il record per il gol del Milan più giovane in Champions, col Porto”.
Su Savicevic: “Dejan quando andai via fu uno di quelli che si arrabbiò. Tu gli davi la palla all’85esimo, iniziava a tirarla addosso agli avversari e i rimpalli erano tutti suoi. Era uno che non tornava mai. Allora un giorno gli dissi: “Dejan, dal centrocampo in giù ci penso io, però se parte il terzino sul tuo lato dammi una mano”. Lui mi guardava con lo stuzzicadenti in bocca, mi diceva “Sì sì sì” ma non lo faceva mai (ride, ndr). Però quando gli davi la palla era un giocatore… La notte di Atene ha fatto delle robe… Il problema era che si faceva male spesso. Però era un giocatore incredibile”.
Sul suo rapporto con la sconfitta: “Avevo un brutto rapporto con la sconfitta, mi cambiava completamente l’umore. Non riuscivo neanche ad andare al ristorante”.
Al Mondiale hai visto qualche giocatore che ti ha colpito particolarmente? “Devo dire che in questo Mondiale pensavo di trovare un’idea di gioco, invece è stato il Mondiale delle individualità. Prima che iniziasse ho detto che avrebbe vinto l’Argentina. Avevo detto anche di un’africana, perché recentemente sono stato per il Milan in India a fare una conferenza e dissi che un’africana sarebbe stata una sorpresa. Messi e Maradona, stiamo parlando di due grandissimi. A me emoziona più Maradona, poi sono due giocatori straordinari. Noi però viviamo di emozioni”.
Su Theo Hernández e la sua crescita in fase difensiva: “In nazionale c’è poco tempo per lavorare. Lui ha una grande dote, che è la grande capacità di recupero. A volte lo vedi che anche se va un po’ dove vuole poi ha una grande capacità di recupero e forza nelle gambe. È uno dei terzini più forti del mondo, assolutamente. Pioli è riuscito, non solo con lui, a tirargli fuori il meglio”.
Sul Mondiale del 2002 e Byron Moreno: “Mi ricordo di averlo insultato 30 volte, sapevo lo spagnolo, ma non mi ha mai buttato fuori. È stata una sensazione brutta, credo che avevamo la squadra per andare in fondo. Avevamo Nesta, Maldini, Cannavaro, in avanti Vieri, Inzaghi, Del Piero, Totti… Il turno dopo successe anche alla spagna, secondo me c’era l’idea di portare la Corea il più avanti possibile. Abbiamo subito quei torti lì in maniera netta, un’impotenza incredibile. Poi però si è vista la fine che ha fatto, è stato arrestato e tutto il resto… C’è sempre un perché nella vita”.
Sulla sfida di Champions League tra Milan e Tottenham: “In Europa il Milan è cresciuto dall’anno scorso, continua il suo percorso: con il Tottenham è una partita aperta, le inglesi sono toste e Conte le prepara molto bene. È un turno dove poteva andare peggio, col Tottenham se la gioca alla grande anche se sarà, come al solito in Champions, un ottavo comunque complicato. In campionato bisogna vedere cosa decide il Napoli. Se il Napoli rallenta rientrano tutte. Ma se il Napoli va così tutte vanno per il secondo posto. Il Milan comunque sta facendo un percorso incredibile”.
Un ultimo pensiero sul Milan: “Sono sempre stato riconoscente al Milan e mi è dispiaciuto anche per i tifosi perché sono andato all’Inter, ma ho fatto una scelta professionale e avevo scelto di tornare a Milano. Non rinnego nulla del mio passato, ma questo non cambia nulla nel mio amore verso il Milan, sarò sempre riconoscente per quello che mi ha dato, non si può dimenticare, dalle vittorie all’affetto della gente. Sono stato in India per il Milan e ancora si ricordano di noi. Non può essere diverso il mio sentimento per il Milan, avrò sempre una grande riconoscenza verso questi colori e questa città. Poi ad un certo punto ci siamo divisi ma non per questo io non provo amore verso il Milan, anzi tuttora il Milan per me è casa”. Un giocatore del Milan nella Top 11 mondiale 2022 dell'Équipe: eccola >>>
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