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Papin: “Milan, prendi Cavani. Theo Hernandez mi ha impressionato”

Jean Pierre Papin al Milan nella stagione 1992-93 (credits: Wikipedia)

Jean Pierre Papin, ex attaccante del Milan, nell'intervista rilasciata alla "Gazzetta dello Sport", ha parlato della più stretta attualità rossonera

Salvatore Cantone

NEWS MILANJean Pierre Papin, ex calciatore del Milan dal 1992 al 1994, ha rilasciato un'intervista alla Gazzetta dello Sport in cui ha parlato della più stretta attualità rossonera. Ecco le parole di Papin: "La finale di Coppa dei Campioni del 94? Quella finale non la giocammo né io né Va Basten, ma l’importante era tenerla in mano»

Un Pallone d’oro che lascia l’Olympique futuro campione d’Europa per affiancare un altro Pallone d’oro al Milan. Papin, quanto tempo ci vorrà per rivedere un Diavolo così?

"Serve pazienza, ma la strada è quella giusta. Fiducia nei giovani senza spese folli. Manca poco: l’ossatura è buona e con due-tre giocatori si può fare il salto. Magari dopo questa crisi i valori di mercato si abbasseranno".

C’è un terzino francese che segna come una punta. Lo sa che Hernandez ha raggiunto i 5 gol in A di Papin nel ’93-94?

"Ma per lui è più facile perché sbuca da dietro e sorprende gli avversari! (ride, ndr) L’ho visto a San Siro, mi ha impressionato, è uno da Milan".

Anche da nazionale?

"Senza dubbio, ha tutto per essere il terzino sinistro titolare della Francia. Dipenderà da lui, ma credo che il Milan sia la squadra giusta per crescere ancora e guadagnarsi la chiamata di Deschamps. Sono sicuro che lo segue con attenzione, presto lo proverà".

Leao, che attaccante lo è davvero, fatica. Al Lilla aveva stupito...

"Dategli tempo, è molto giovane. È un profilo interessante, ha velocità e potenza ma gli manca esperienza. E la maglia del Milan pesa".

Decollerà accanto a Ibrahimovic?

"Ibrahimovic è un fenomeno, con lui migliorano tutti. Ero a San Siro per il derby, ha avuto un impatto mostruoso. Poi è venuta fuori l’Inter, ma la differenza l’ha fatta l’abitudine di stare a certi livelli: il Milan è indietro".

Ibra può aiutare anche l’anno prossimo?

"Assolutamente: quando parla gli altri ascoltano. E in squadra servono campioni così".

E serve qualcuno che faccia gol. Le piace Rebic?

"Sì, ma è un giocatore di movimento, non un bomber, anche se in questi mesi ha fatto grandi cose".

Il numero 9 è in crisi da quando Inzaghi lo ha lasciato libero. Come mai?

"Il centravanti puro non esiste più. Ci sono i fuori categoria come Ronaldo, Messi e Mbappé, che segnano ma non sono vere prime punte, e poi pochi “9” autentici: Benzema, Aguero. O Icardi, che però è un finalizzatore. Fossi il Milan farei uno sforzo per Cavani: avete visto quanto corre? E difende, costruisce, senza mai perdere lucidità".

Nel Milan Paquetà ha perso il posto e il sorriso.

"Ma ha qualità e l’anno scorso ha fatto bene. Buttarsi giù per le panchine è un errore pericoloso: io lo capisco, quando non giocavo ero a pezzi, ma gli consiglio di non viverla così. Quei momenti sono stati la causa del mio rimpianto più grande".

Ovvero?

"Quando arrivai al Milan non conoscevo la regola che limitava l’utilizzo degli stranieri al massimo di tre per partita, non me lo avevano spiegato. Andai via perché volevo più spazio, ma sbagliai, quella era la squadra giusta per me, prevalse il mio ego".

E il Milan le è rimasto dentro.

"Sì. Sento spesso Simone ed Eranio».

Con Berlusconi e Galliani siete rimasti in contatto"

«Ogni anno, per il compleanno, ricevo una lettera di auguri da entrambi. Straordinari».

Altri due pilastri del suo Milan, Maldini e Boban, hanno iniziato insieme in società, poi le strade si sono divise.

"Mi dispiace per Zvone, leggo che anche Paolo potrebbe lasciare. Maldini è il Milan, non capisco come si possa pensare di ricominciare senza di lui".

Panchina: Pioli o Rangnick?

"Pioli mi piace. Rangnick lo conosco poco, ma un tedesco che allena in Italia è un po’ una stranezza. Anche se Trapattoni fece il percorso inverso, e io lo seguii: mi aveva voluto lui".

Non andò benissimo.

"La lingua era l’ostacolo più grande. Parlavamo tra noi perché non imparavamo una parola di tedesco. Poi Trap andò via e tornò quando lasciai io: il suo tedesco era perfetto!".

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