Ruud Gullit, ex giocatore e leggenda del Milan, ha rilasciato una lunga intervista a Marca, parlando anche della partita di Champions League
Ruud Gullit, ex giocatore e leggenda del Milan, ha rilasciato una lunga intervista a Marca, parlando anche della partita di Champions League di domani tra i rossoneri e il Real Madrid. L'olandese fu grande protagonista della doppia semifinale dell'edizione 1988/89, terminata 1-1 al Bernabeu e 5-0 per i rossoneri a San Siro.
Il ricordo del suo Milan
—
"In squadra c'erano tanti leader, ci aiutavamo molto tra di noi. Oggi questo non lo vedo, tutti parlano però non si correggono a vicenda. Ai miei tempi se non lavoravi bene ti gridavano contro, ma perché tutti volevamo vincere. C'erano certe squadre che erano più avanti nel modo di giocare per il loro tempo, come il Real Madrid, il Liverpool, l'Ajax. Noi stessi per il modo di pressare e attaccare. Era il tempo del catenaccio e ciò che facemmo fu cercare di pressare più avanti. Siamo stati pionieri del pressing, ci divertivamo molto. Come videro tutti, il Real Madrid contro il Barcellona è caduto in fuorigioco 12-13 volte, ai nostri tempi lo stesso e anche di più, lavoravamo per quello".
Su Sacchi
—
"Sacchi è stato molto importante. Nella sua testa aveva un calcio speciale. Elevava la difficoltà del lavoro senza palla. L'obiettivo era riconquistare il pallone il più velocemente possibile. Era molto importante avere giocatori con questa capacità e questa mentalità. Ha fatto una grande selezione di giocatori. Quasi tutti i giorni facevamo un lavoro di tattica, specialmente di recupero palla e si lavorava di più senza palla".
Su Berlusconi e Galliani
—
"Berlusconi è stato uno dei migliori presidenti che potessi immaginare. Tutte le settimane veniva agli allenamenti, parlava con noi, era carismatico. Faceva un gran lavoro. Sono onorato di aver potuto avere un presidente come lui. Credo che l'attuale presidente del Real Madrid abbia lo stesso carisma. È importante avere una figura principale che ami il club, che abbia questo sentimento, perché così saprà esattamente cosa c'è da fare e dà passione alla squadra. Questo è quello che hanno in comune. Le squadre di oggi sono guidate da stranieri, da americani che comprano i club per fare soldi, non per la storia del club. Per questo è difficile a volte avere questo sentimento. Non è un caso che i migliori club abbiano la figura di qualcuno che ama il club e ne conosce la storia".