Arrigo Sacchi, ex allenatore rossonero, ha parlato a 'La Gazzetta dello Sport' di Real Madrid-Milan di Champions League ma non soltanto
Arrigo Sacchi, ex allenatore del Milan, era sulla panchina rossonera nell'aprile 1989, quando, al 'Santiago Bernabéu', il suo Diavolo pareggiò 1-1 in casa del Real Madrid nella semifinale di andata dell'allora Coppa dei Campioni, oggi Champions League. Il colpo di testa di Marco van Basten ad impattare il gol di Hugo Sánchez. Chi meglio di lui, del 'Profeta di Fusignano', dunque, per parlare della sfida di stasera? La sua intervista in esclusiva a 'La Gazzetta dello Sport'.
Real Madrid-Milan, così Sacchi alla 'rosea'
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Sul Milan di Sacchi che andava a dominare in casa del Real Madrid: «Nel 1998 alleno a Madrid ed è allora che Emilio Butragueño, ancora oggi dirigente del Real, mi confessa che eravamo stati spiati, studiati. Avevano relazioni in cui la nostra velocità era definita incredibile, il nostro ritmo asfissiante. Fu la prima volta che una squadra italiana andò al Santiago Bernabeu a comandare. Noi andammo a giocarcela da protagonisti, se avevano palla loro li attaccavamo per portargliela via, non indietreggiavamo mai. La verità è che avevo una squadra di persone affidabili, una squadra adulta».
Su Milan-Real Madrid 5-0 al ritorno a 'San Siro': «Molti, uno in particolare che inizia ancora prima della partita. Facevamo le cose con impegno e serietà, anche in allenamento. In partitella si entrava duri ed è così che fecero male a Evani: per le qualità che aveva, Chicco non era facile da sostituire. Misi a fare l’ala sinistra il giocatore più disponibile che avevo, che ero certo avrebbe fatto tutto quello che gli chiedevo: Carlo Ancelotti. Giocò una grandissima partita e segnò il primo gol. A San Siro vincemmo negli ottavi anche l’anno dopo, con merito: per me è fondamentale. Non esiste successo senza merito, altrimenti è come aver perso».
"Van Basten era il più forte, ma non scendevo mai a compromessi"
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Su Ancelotti miglior allenatore del mondo: «Carlo è un uomo adorabile, mi ha chiamato almeno sette volte in questi giorni. È intelligente e modesto, del resto sono qualità che non viaggiano mai separate. Fu il primo giocatore che chiesi a Berlusconi, lui era titubante. Il Milan era appena arrivato quinto e le ginocchia di Carletto sembravano non offrire grandi garanzie. Gli dissi che con lui avremmo subito vinto il campionato. Fu così».