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L'intervista di Fikayo Tomori (difensore AC Milan) al 'CorSport' sullo Scudetto | Milan News (Getty Images)
Fikayo Tomori, difensore del Milan vincitore del 19° Scudetto, ha rilasciato un'intervista in esclusiva al 'Corriere dello Sport' in edicola questa mattina. Queste le sue dichiarazioni.
Tomori sulle emozioni per la vittoria dello Scudetto con il Milan: «In questo momento faccio fatica a esprimere con le parole quello che sento. Dentro di me ci sono tante emozioni. Mi viene da dire che abbiamo lavorato una stagione per vincere questo Scudetto e ci siamo riusciti. E’ il mio primo titolo con il Milan e mi auguro sia soltanto l’inizio».
Sul Milan non più forte, ma che ha meritato lo Scudetto più delle altre: «In realtà noi sapevamo sin dall’inizio di essere forti e che potevamo vincere. Quando sono arrivato, un anno e mezzo fa, eravamo primi in classifica e avevamo come obiettivo un posto in Champions. L’abbiamo raggiunto, ma senza prenderci lo Scudetto. E’ stato naturale, quindi, cominciare questa nuova annata con il proposito di portare a casa un trofeo. Ripeto è una sensazione bellissima. E mi fa ancora più piacere, perché qui mi trovo alla grande. Mi riferisco alla società, ai miei compagni e pure alla città».
Su cosa ha pensato quando ha visto la Coppa dello Scudetto a bordo campo a Reggio Emilia: «Mi sono sentito come un bambino che stava realizzando il suo sogno. Non mi era mai accaduto di avvertire quel tipo di sensazione. Stavo davvero cominciando a rendermi conto di ciò che avevamo fatto. E’ stato il coronamento di un lavoro durato mesi. Sento davvero molto questa maglia. E a mio avviso è una vittoria assolutamente meritata».
Sui tanti messaggi ricevuti: «Sì, tantissimi e ancora non li ho letti tutti: familiari, amici, altri calciatori. Devo ancora realizzare completamente la portata di questa vittoria. In tanti c’è scritto: “Sono felice per te”, oppure “Sono orgoglioso di te”. Mi hanno fatto molto piacere».
Tomori sullo Scudetto come inizio di un ciclo per il Milan: «Adesso sappiamo cosa ci vuole per vincere. Quindi dobbiamo andare avanti allo stesso modo anche il prossimo anno. Vogliamo confermarci campioni, conquistare più trofei possibile e fare meglio in Champions. Avremo ancora più fame e saremo ancora più forti, ne sono sicuro».
Sul prossimo tricolore che vorrebbe dire seconda stella: «Ce ne manca soltanto uno, ci proveremo sicuramente».
Su cosa servirà per fare strada in Europa: «Tante cose. Penso all’esperienza, ad una qualità maggiore, magari qualche giocatore in più. Serve tutto: anche la fortuna e certi arbitraggi ... Avremmo già voluto ottenere di più in questa stagione, perché ci sentivamo comunque all’altezza. Peraltro era trascorso tanto tempo dall’ultima volta del Milan in Champions. Ma l’anno prossimo arriveremo all’appuntamento ancora più preparati e sono convinto che riusciremo a fare meglio».
Sulla differenza tra Premier League e Serie A: «Fondamentalmente, è soprattutto una questione di intensità. In Inghilterra ce n’è molta di più. E c’è anche più corsa. Ma in Italia c’è maggiore tattica e si lavora innanzitutto come squadra e come reparto, prima che individualmente. Per il resto non ci sono tante differenze, solo piccoli dettagli, nulla di sostanziale».
Sul derby di ritorno come partita della svolta per la vittoria dello Scudetto: «Sì, quella contro l’Inter sicuramente. Ma penso anche a quella con la Lazio. Sono stati diversi i momenti in cui abbiamo avuto la forza per reagire alle difficoltà e portare a casa il risultato».
Sulla partita più complicata: «Quella persa in casa con il Napoli, perché era il mio compleanno (risata, n.d.r.). A parte gli scherzi, è stata più difficile quella vinta al Maradona e poi quelle con l’Inter e con la Juve. E non dimentico nemmeno le sfide con l’Udinese: sono molto fisici ed è difficile metterli sotto».
Sul rapporto che ha con mister Stefano Pioli: «Mi dà sempre tanti consigli, mi aiuta quando capita di commettere qualche errore. E’ stato molto importante per me. Ma vale per tutto il gruppo. Con un allenatore come lui, sei portato andare tutto sul campo».
Su come il Milan è diventato impenetrabile in difesa: è cambiato qualcosa? «In realtà no. Che si tratti di fase difensiva o di quella offensiva resta comunque un lavoro di squadra, non soltanto di un reparto o di uomini. Il lavoro è il vero segreto. E noi ne abbiamo fatto tanto. E’ da questo impegno, da questa applicazione sono nati i miglioramenti. Ammetto che nelle ultime 10-11 partite effettivamente il livello della nostra difesa è stato davvero altissimo. E, nel momento in cui non incassi gol, avendo davanti gente come Rafael Leão o Olivier Giroud che è in grado di segnare in ogni momento, allora tutto diventa più facile».
Sul compagno di reparto con cui si è trovato meglio: «Tengo a dire, innanzitutto, che quando scendo in campo, il mio unico proposito è dare il massimo. E questo vale per qualsiasi giocatore abbia al mio fianco. La verità è che sono tutti diversi. Proprio Pierre Kalulu, ad esempio, essendo molto giovane, ha bisogno di essere seguito e sostenuto, quindi devo parlare di più. Il discorso è completamente all’opposto con Simon Kjaær, che è un leader naturale: è lui, quindi, a guidare il reparto e a dare indicazioni. Come peraltro è abituato a fare pure Alessio Romagnoli, che è anche il nostro capitano e che è in questa squadra da tanti anni».
Sull'attaccante che l'ha messo più in difficoltà: «Più di uno. Mi vengono in mente Lautaro Martínez, Ciro Immobile, Victor Osimhen e pure Beto dell’Udinese. Anche lui è forte e corre molto. Ce ne sono diversi in Serie A, ma i campioni siamo noi ...».
Su Zlatan Ibrahimović: «E’ un giocatore fantastico. Ci ha aiutato tanto. Ma la decisione sul futuro spetta unicamente a lui». Milan, pronto il regalo Scudetto per Pioli: le ultime news di mercato >>>
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