Sandro Tonali, ex centrocampista del Milan e oggi punto di riferimento del Newcastle, si è aperto in un’intervista esclusiva a Cronache di Spogliatoio. Il giocatore ha ripercorso il difficile periodo vissuto a seguito dello scandalo scommesse, un momento che lo ha messo di fronte alle sue fragilità ma che, allo stesso tempo, lo ha reso più forte e consapevole. Un vero e proprio calvario che lo ha fatto crescere non solo come atleta, ma soprattutto come uomo. Di seguito, un estratto delle sue parole:


INTERVISTE
Tonali si racconta: “Non avevo stimoli, la mia fortuna è stata l’Inghilterra”
L'aiuto dello psicologo nei primi mesi
—"Ho fatto un anno con lo psicologo che incontravo quattro volte a settimana, anche perché quando ho iniziato con lo psicologo, non è stato semplice e non potendo prendere farmaci per l’antidoping, non potendo prendere nessun tipo di aiuto è difficile far capire un errore a uno in cui le basi dell’errore non le ha perché ha tutto, quindi mi allenavo. I primi due mesi, vedendo l’allenamento senza l’obiettivo finale, faticavo anche a trovare gli stimoli, perché quando dici, non ti devi mettere in gioco, devi allenarti perché se no non giochi... non avevo stimoli, e quindi mi sono trovato in un momento nel terzo mese che ero in difficoltà, perché non avevo stimoli.
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Ho fatto due settimane a lavorare sul ritrovare questi stimoli, perché delle volte non volevo neanche andare. Ho avuto la fortuna di essere in Inghilterra, questa è la mia grande fortuna. Ho fatto sette mesi senza telefono, senza iPad. La televisione la guardavo solamente per le partite e per i film, quindi non vedevo telegiornale. Non avevo niente che mi dava notizie, positive o negative. perché poi sai, immagino che le notizie in quel momento lì non siano state positive... cioè non è che usciva "Sandro Tonali ha sbagliato".
La lontananza dai social
—Questo fatto di non guardare i social e di non guardare la televisione mi ha aiutato.Io non ho idea praticamente di cosa sia successo in quei mesi lì, non mi interessa neanche, è questo bello. Io so che ho sbagliato, quindi non che non mi interessi perché ho fatto la cosa giusta, io so che ho sbagliato. So che ho che ho pagato. So che ho lavorato per essere un uomo migliore, ma sicuramente non mi interessava andare a vedere i social.
Ero una persona autonoma. Andavo in giro in macchina, andavo al campo senza telefono e non non mi pesava. Guardavo gli orari degli allenamenti su un programma parte sul telefono della mia ragazza e, dopo un po’ di mesi, ho iniziato a riprendere il telefono, quando ero consapevole che averlo quando ero da solo non era più un pericolo."
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