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Novanta milioni spesi per avere solo sei punti in più della scorsa stagione. E’ questo il dato principale che ha causato la definitiva rottura tra Silvio Berlusconi e SinisaMihajlovic, una proporzione negativa tra investimenti fatti e profitti ottenuti. Nello scorso campionato infatti, il Milan di Pippo Inzaghi alla 32^ giornata, con giocatori meno all’altezza della situazione e senza un vero bomber d’area di rigore, aveva ottenuto 43 punti: sei punti in meno del Milan attuale, una situazione che Berlusconi non ha retto dopo i tanti soldi spesi in estate in sede di mercato. Praticamente un punto di non ritorno.
IL CATENACCIO A BERLUSCONI PROPRIO NON PIACE – Il secondo motivo, non meno importante, anzi, è la mancanza di gioco che ha reso incapace il Milan di imporsi soprattutto con le piccole squadre dove ha praticamente quasi sempre sofferto e ottenuto pochissimi punti. Una squadra tutta difesa e ripartenze, quindi catenacciara, a Berlusconi non è mai andata giù e se il presidente ha deciso “tardi” di esonerare Mihajlovic è grazie alle opere di convincimento di Adriano Galliani, da sempre estimatore del tecnico serbo, nonostante la stagione compromessa. Tante frasi dette dal presidente contro il non gioco rossonero, un malumore perenne che è cominciato fin dalle prime battute di campionato quando i rossoneri proprio non sapevano fare un buon possesso palla e delle efficaci verticalizzazioni sugli attaccanti. Una squadra sterile, seppur con poca qualità in mezzo al campo (dato che ha giocato a favore di Mihajlovic) e con pochi elementi capaci di risolvere da soli le partite più intricate, gli unici Bacca e Bonaventura. Ma Berlusconi sapeva benissimo fin da inizio campionato che la scelta del serbo era utile soprattutto ai fini di un riordino dello spogliatoio, basata su una maggiore disciplina che a Milanello da tempo si era smarrita.
IL RETROSCENA DEI DISPETTI DI FORMAZIONE – E poi il terzo motivo, quello più curioso riguarda alcune “false formazioni” che SinisaMihajlovic comunicava al patron Berlusconi per ottenere il suo ok, salvo poi schierarne altre diverse il giorno della partita di campionato. Chiamiamoli tranquillamente dispetti, che hanno appunto irritato il presidente e hanno fatto precipitare la situazione dopo gli ultimi 30’ giocati in maniera arrendevole contro una Juventus tutt’altro che irresistibile. Il tecnico serbo, insomma, non si è mai fatto condizionare dai “consigli” di Berlusconi e ha sempre fatto di testa sua, andando contro il credo presidenziale. Tutti motivi che hanno sancito la rottura tra l’allenatore e il presidente.
E intanto la maledizione dei tecnici stranieri nell’era Berlusconi continua…
Ruggiero Daluiso
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