Zlatan Ibrahimovic ha saluto il Milan e i tutti i tifosi rossoneri, l'attaccante svedese ha annunciato il suo ritiro dal calcio giocato
Ieri, per l'ultima volta, Zlatan Ibrahimovic ha camminato sul prato verde di San Siro. L'attaccante svedese ha annunciato il ritiro dal calcio giocato e lo ha fatto tra le lacrime scroscianti di uno stadio, aggiungo ancora una volta, stracolmo di persone. Un'emozione immensa, poiché se è vero che Ibra ha vestito tante maglie nella sua lunga carriera, è vero anche che quella rossonera è stata per lui la più bella e significativa. Due avventure in due situazioni completamente diverse: la prima, nell'agosto del 2010, quando ha rappresentato il tassello definitivo ad una squadra già molto forte ma che, però, ha comunque trascinato alla vittoria tricolore. La seconda, nel 2020, quando si è ritrovato di fronte un gruppo acerbo e ben lontano dalla mentalità vincente e tipica della storia rossonera.
Zlatan ha così ricoperto un ruolo che in quel freddo gennaio 2020 non esisteva: è diventato il leader indiscusso di uno spogliatoio che aveva l'assoluto bisogno di un capo popolo. Ha trasmesso la caparbietà tipica dei campioni, la resilienza di chi ha vissuto situazioni di ogni genere. Ha cominciato a toccare i nervi giusti, ma non lo ha fatto in campo, non subito almeno, bensì in allenamento. Il Milan è improvvisamente esploso, anticipandoci un qualcosa che avremmo potuto assaporare due anni più tardi e che ci mancava dall'ultima volta in cui lui stesso era con noi: la gioia della vittoria.
L'eredità di Ibrahimovic
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Li ha trovati ragazzini e ora li lascia uomini. Ibrahimovic intravide subito del potenziale in Leao, prese sotto la sua ala Tonali e mise a dura prova i giovani difensori rossoneri. Li ha fatti crescere mentalmente, ha instillato in loro la voglia di non arrendersi mai. E lo abbiamo visto, poiché i colpi bassi non sono mancati durante la cavalcata al 19esimo scudetto e ancora di più in questa stagione. Eppure, lo avete visto tutti, questo gruppo non ha mollato neanche nel peggiore dei periodi.
Ieri, durante il suo discorso d'addio, ho avuto l'istinto di alzarmi e andare dritto verso la libreria. Ho raccolto un vecchio libro de La Gazzetta dello Sport, datato 2011, e ho iniziato a sfogliarlo. All'epoca avevo solo 13 anni ed ero già un ansioso tifoso del Milan. In quella stagione vincemmo il 18esimo scudetto, quel libro ripercorreva tutte le partite importanti e descriveva tutti i protagonisti di quella vittoria. Ibrahimovic, neanche a dirlo, era tra le primissime pagine. Leggo e leggo ancora, ma avevo l'impressione che io avessi davanti qualcosa di più recente, mica vecchio di 12 anni. "Se pensi di essere secondo a qualcuno non otterrai mai nulla nella vita. Io sono il più forte" sono parole che Zlatan direbbe anche ora, a 41 anni.