Rangnick e Pioli
—Questo cambiamento, però, è un qualcosa su cui riflettere. Stefano Pioli allena il Milan da ben 3 stagioni e mezzo e ha riportato i rossoneri a competere per trofei e vittorie storicamente idonee. Non traguardi di basso rilievo, basti pensare alle posizioni che il Milan ricopriva prima del suo arrivo. Eppure, se un qualsiasi tifoso rossonero si fermasse a pensare, per un solo momento, al 22 luglio del 2020, forse, capirebbe il peso di questo improvviso ribaltamento dirigenziale.
Si giocava Sassuolo-Milan, era la Serie A a porte chiuse e i rossoneri lottavano per arrivare in Europa League. Il match finirà 1-2 a favore di Ibra&Co, ma ciò che farà notizia sarà la permanenza di Pioli per la stagione successiva. Ora, in quei tempi si parlava di un solo nome come potenziale nuovo allenatore del Milan: un certo Ralf Rangnick. L'idea della dirigenza, allora non era RedBird ma Elliott, era quella di trovare un manager capace di ricoprire più ruoli. A tale proposta si trovarono di fronte l'opposizione di Maldini e Massara, i quali cercavano un tecnico che dovesse curare solo gli aspetti atletici e tattici relativi alla squadra. L'ottimo lavoro di Pioli portò alla sua conferma e il resto, lo sappiamo tutti, è storia.
A distanza di tre anni quel ruolo ricercato e poi trovato sotto le vesti di Rangnick sembra prenderlo proprio Stefano Pioli. Non vi sono stati comunicati, a tal proposito. Eppure, la strada intrapresa sembra quella di un Pioli più al centro del progetto, con più potere decisionale e stabilendo un rapporto diretto con Gerry Cardinale. Lo stesso tecnico avrà la possibilità di chiedere giocatori con caratteristiche ben precise che poi il reparto scouting andrà a ricercare e selezionare il profilo ritenuto più idoneo.LEGGI ANCHE: Milan, cambia il metodo di fare mercato. Funzionerà?
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