Sì alle critiche, no all'ingratitudine
—Diciamo queste cose con sincero affetto nei confronti di un allenatore che ci ha traghettato fuori da acque agitate, e lo ha fatto con merito. Accanirsi oggi contro di lui ha il sapore dell'ingratitudine. Non vogliamo farlo. Ma non possiamo nemmeno tapparci gli occhi e turarci il naso. Occorre avanzare critiche, quanto più costruttive. E oggi più che mai serve guardarsi in faccia, negli occhi ed essere onesti, sinceri. 'Dire che il Milan tatticamente sta bene in campo' è una bugia. Risultati e dati dicono altro.
Pioli, una tattica...masochista
—La difesa a oltranza che Stefano Pioli fa di sé e del suo entourage è comprensibile, ma sa di masochismo: non giova a lui, non giova alla squadra, che sembra smarrita, poco convinta. Occorre tornare lucidi e onesti, anche nelle analisi. NO, questo Milan non sta in piedi. Questo Milan tatticamente ha problemi ENORMI e questa tattica di gioco è più suicida che efficace. E' chiaro a tutti, tranne che al suo allenatore, evidentemente. Sono i dati a dirlo, non il sottoscritto.
I dati disastrosi del Milan
—A inizio Dicembre il Milan è praticamente fuori da tutto, dalla corsa scudetto alla Champions. Siamo aggrappati ai miracoli. La squadra concede tantissimo e crea poco. Ha incassato 18 gol in 15 partite di campionato e ha una differenza reti di appena +8 (l’Inter è a +30). In Champions i numeri sono addirittura peggiori: 3 marcature all’attivo e 7 al passivo. Differenza reti a -4, ultimo posto nel girone. Si è passati dall'obiettivo scudetto al quarto posto in un amen. E la cosa più preoccupante è che sia stato Pioli a esplicitarlo nel pre-partita di Atalanta-Milan, quando i punti di ritardo dall'Inter erano ancora 6, un ritardo tutto sommato colmabile. Ma come? Lui stesso aveva detto di dipendere da un'eventuale vittoria del campionato e ora punta a un misero quarto posto? Sono dichiarazioni allarmanti, che sanno di resa totale.
Il Milan crea poco e concede molto
—Le sensazioni del pre-campionato sono state drammaticamente confermate in stagione regolare: è una squadra squilibrata, spaccata in due, lunghissima in campo. Il centrocampo non protegge la difesa e non sorregge l’attacco. Le mezzali fanno i trequartisti di rientro. Ogni azione avversaria diventa un’occasione potenziale. I difensori sono sempre esposti all’uno contro uno, sempre in difficoltà. Scattano avanti, scattano indietro. E non è un caso che si siano rotti quasi tutti. Davide Calabria, il capitano di questa squadra, aveva lanciato l’allarme in maniera chiarissima, ma da allora nulla è cambiato. I calciatori stanno assecondando in maniera encomiabile le richieste dell’allenatore, ma questa tattica suicida non è mai stata rivista e stravolta completamente. I piccoli accorgimenti adottati non sono sufficienti per il cambio di rotta. E' come andare contro un muro sapendo di farsi male. Perchè farlo? Perchè continuare?
Il problema è il non gioco
—Il Milan ha un solo piano tattico: andare a mille all'ora, recuperare palla e scattare verso la porta avversaria. Atletismo e personalismi. Non c’è palleggio, non c’è gioco. E la sensazione è che questi continui strappi atletici abbiano logorato i muscoli dei giocatori, oggi tutti rotti. E’ arrivato il momento di considerare la cosa più ovvia: il problema zero del Milan non sono gli infortuni, ma il gioco. Lì sta l'origine di tutti i mali e non il contrario. Per altro, con l'infermeria piena la squadra ha perso anche il solito atletismo. Senza corsa, ci rimangono solo i pochi guizzi dei singoli. Siamo al lumicino. La squadra ha meno intensità e ci crede ancor meno: anche qui, sono i dati a dirlo. 13 gol subìti su 25 sono infatti arrivati nei minuti finali, segno evidente di un cedimento fisico e mentale. I cambi sono stati spazzati via dall'emergenza-infortuni, oggi gioca chi - semplicemente - è in grado di deambulare, non c'è più scelta. E' frustrante e pazzesco, viste le premesse.
Guai a parlare di mercato
—E che non si dica che il problema è il mercato o il reale valore dei giocatori in rosa o presi in estate: questa è una squadra forte, una Ferrari. O, se vogliamo, una RedBull. Occorre però guidarla bene. Guardate il rendimento di Verstappen e quello di Perez: stessa auto, resa differente. Ecco, il primo Pioli assomigliava molto a Verstappen: ha portato una macchina modesta a over-performare, vincendo con lucidità di analisi, motivazione ed elasticità tattica. Quello attuale, invece, ahimè, sta assumendo i tratti di Sergio Perez... LEGGI ANCHE: Milan, difesa che incubo! Emergenza e troppi gol subiti
Se vuoi approfondire tutte le tematiche sul mondo Milan senza perdere alcun aggiornamento, rimani collegato con Pianetamilan per scoprire tutte le news di giornata sui rossoneri in campionato e in Europa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA