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L’Italia è sempre stata considerata storicamente la patria dei “numeri uno”. La nostra scuola, universalmente riconosciuta come la migliore al mondo, non aveva eguali: il merito fu quello di capire, prima degli altri paesi, che al portiere andava associata una preparazione specifica. Si introdusse così, alla fine degli anni ’70, il preparatore per portieri, ruolo che, fino ad allora, veniva ricoperto dall’allenatore in seconda.
La tendenza, in questi ultimi anni, sembra aver subito una netta inversione: se guardiamo il numero dei portieri titolari dell’ultima giornata di Serie A scopriamo che ben 11 sono stranieri e 9 italiani.
Nello specifico sono partiti titolari i polacchi Szczesny (Roma) e Skorupski (Empoli), l’albanese Berisha (Atalanta), l’argentino Bizzarri (Pescara), il brasiliano Da Costa (Bologna), lo sloveno Handanovic (Inter), l’inglese Hart (Torino), il greco Karnezis (Udinese), il croato Posavec (Palermo), lo spagnolo Reina (Napoli) ed il rumeno Tatarusanu (Fiorentina).
Sono lontani i tempi in cui i numero uno d’oltralpe si contavano sulle dita di una mano: Taffarel, Van der Sar, Julio Cesar, Frey, Dida, tanto per citare i più noti. Ma cosa ha portato a questa inversione di tendenza?
Hanno sicuramente inciso il cambio dei regolamenti (come ad esempio l’obbligo per il portiere di giocare con i piedi sul retropassaggio del difensore, il fallo da ultimo uomo, l’espulsione del difensore per fallo in caso di chiara occasione da gol), che ha portato ad una velocizzazione del gioco ed alla necessità di avere un estremo difensore che sia bravo anche con i piedi, oltre che con le mani.
Da questo punto di vista la scuola italiana sconta ancora un ritardo tecnico nella preparazione dell’estremo difensore, per cui si guarda spesso e volentieri al mercato estero e meno, purtroppo, alla valorizzazione dei vivai. Il Milan, però, negli ultimi anni si è mosso in contro-tendenza, puntando tantissimo sul settore giovanile e andando a potenziare lo staff con professionalità di livello (ad es. Alfredo Magni).
Questo ha trasformato il club rossonero in una sorta di isola felice, in grado di distinguersi grazie ai baby-fenomeni Donnarumma e Plizzari. Il primo, classe 1999, è diventato il più giovane portiere esordiente di sempre in Nazionale e grosso merito va riconosciuto a Sinisa Mihajlovic che l’ha subito promosso tra i grandi la scorsa stagione, dopo un precampionato in cui si distinse per aver parato tre rigori.
Il secondo, classe 2000, è l’ultimo talento, in ordine di tempo, lanciato dal Milan. Il ragazzo, appena 16enne, è stato promosso a terzo portiere quest'anno e si è già distinto nell’amichevole contro il Bournemouth. Plizzari non aveva ancora sei anni quando fu notato dagli osservatori del Milan e da allora è rimasto sempre in rossonero: un percorso diverso quindi da quello di Donnarumma che a Milano è arrivato “tardi” all’età di 14 anni.
I due portieri sono la dimostrazione di come, sin dalle categorie più basse, i preparatori (Magni in primis) diano molta importanza all’impostazione del ruolo alla Neuer: il miglior interprete della figura dell’estremo difensore completo ed abile coi piedi. Grazie a questo il Milan può avere, voci di mercato a parte, la porta blindata almeno per un ventennio.
Massimo Iurino
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