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Ex Milan, Leonardo: “Non mi pento del passaggio all’Inter”

Niccolò Mariotto

L'ex rossonero Leonardo torna a parlare del suo passaggio all'Inter di qualche anno fa: il brasiliano ha dichiarato di non essersi pentito della scelta

"Intervistato da 'Il Sole 24 Ore' l'ex rossonero Leonardo ha ripercorso alcuni significativi momenti della sua carriera da dirigente soffermandosi in particolar modo sul suo passaggio dal Milan all'Inter. Il brasiliano ha dichiarato di non essersi assolutamente pentito della scelta fatta sottolineando come l'esperienza in nerazzurro gli sia servita moltissimo per maturare professionalmente. Leonardo ha poi fatto una panoramica del calcio italiano dei giorni nostri confrontandola con altre realtà europee come la Premier League o la Liga spagnola.

""Le polemiche con Berlusconi? Ogni situazione è figlia di colpe da dividere fra i protagonisti, eravamo due mondi diversi. Al presidente Moratti, che ammiro e conosco bene anche per molte collaborazioni in progetti umanitari, risposi “Lei sta scherzando, vero?!?”, e poi, invece, in pochi mesi riuscii a costruire un’avventura meravigliosa. Non mi pento di nulla, di quel passaggio dal Milan all’Inter. Ci fu qualche polemica, ma credo che tutto sia risolto perché al Milan, pur non essendo stato io né Paolo Maldini né un leader assoluto, ho dato con costanza e questo mi viene riconosciuto. E aver gestito quelle polemiche mi ha cambiato come persona".

"Leonardo ha poi aggiunto: "L’Italia, ad esclusione della Juventus dove programmano, progettano, si danno tempo e mettono tanti soldi solo se ne vale la pena, si è fermata dieci anni fa. Il suo calcio funzionava, vinceva, c’erano le fortune dei Moratti, degli Agnelli, dei Berlusconi che permettevano alle famiglie di staccare assegni per avere i campioni più forti. Un management casereccio che poteva funzionare negli anni 80-90; le squadre come la seconda azienda di grandi gruppi. E nessuno che guardasse avanti, l’Italia era autosufficiente, ma oggi gli stadi sono obsoleti e manca una struttura politico-organizzativa. Mentre Inghilterra, Germania, Real Madrid e Barcellona si sono date regole e modelli. I cinesi? Mi pare complicato immaginare uno sviluppo del calcio italiano sugli investimenti stranieri: se si mettono soldi, anche tanti, sui giocatori ma non c’è organizzazione, si va poco lontano".

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