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RASSEGNA STAMPA

Ex Milan – Sacchi: “Bisogna investire sui settori giovanili”

Intervista Sacchi AC Milan
Sacchi, ex allenatore del Milan, ha dato il proprio punto di vista sul calcio italiano e sui talenti azzurri per migliorare la situazione
Stefano Bressi Redattore 

Il problema giovani in Italia è ormai chiaro, con una Nazionale che manca di talenti, e di questo ha parlato Arrigo Sacchi alla Gazzetta dello Sport, con l'allenatore che ha vinto tutto col Milan e cambiato il calcio che ha fatto delle proposte, facendo anche dei paragoni: "La notizia è che il Manchester City, una delle società più ricche del mondo, sta puntando sui giovani e sta trattando quelli che ritiene i migliori sul mercato, evitando calciatori costosi e già fermati. Un po’ come fece il Real Madrid quando investì su Guler ed Endrick. È chiaro il progetto di questi club: vogliono portarsi avanti con il lavoro e anticipare la concorrenza. Immaginate quali benefici possono trarre Miles, Barrett e McAidoo, i tre giovani che il City potrebbe chiudere a breve, quando si allenano assieme ad Haaland o a Rodri, sotto la guida di un maestro come Guardiola".

Poi aggiunge sull'Italia: "In Italia purtroppo i club non sono così lungimiranti. Qui da noi si va ancora a caccia del nome per impressionare il pubblico, non abbiamo l’umiltà di vedere che cosa stanno facendo all’estero. Non c’è nulla di male a copiare una buona idea che arriva da oltre frontiera. Sarebbe un più che gradito atto di umiltà, perché significherebbe che finalmente i nostri dirigenti hanno capito i loro errori e stanno cercando di correggersi”.


Come essere competitivi: "Se vogliamo essere competitivi nel futuro dobbiamo investire adesso sui settori giovanili. È l’unico percorso possibile. E dobbiamo dare spazio alle nazionali: da noi le società fanno fatica a darti un ragazzo per uno stage di tre giorni, all’estero e la norma”.

Infine, un aneddoto: "Ero il responsabile delle giovanili dell’Italia, convoca un ragazzo e il club cui apparteneva non volle darmelo perché la domenica doveva andare in panchina in una gara di campionato di pochissima importanza. Mi domando se quel ragazzo abbia imparato di più a stare seduto in panchina e a guardare gli altri giocare oppure avrebbe acquisito maggiore esperienza e conoscenza se avesse risposto alla convocazione con l’Italia”.

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