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Giovanni Galli: “Una mia parata cambiò la storia del Milan. Su Donnarumma…”

Giovanni Galli
Giovanni Galli, ex Milan dal 1986 al 1990, ha raccontato un episodio al quale è rimasto particolarmente legato. Il suo parere su Gianluigi Donnarumma

Daniele Triolo

Giovanni Galli, classe 1958, arrivò al Milan nell'estate 1986, proveniente dalla Fiorentina, e fu tra i primi acquisti dell'era di Silvio Berlusconi: costato 5 miliardi delle vecchie lire, rimase in rossonero per quattro stagioni, vincendo due Coppe Campioni (1989 e 1990), uno Scudetto (1988), una Coppa Intercontinentale (1989), una Supercoppa Europea (1989) ed una Supercoppa Italiana (1988).

Questa mattina, in una lunga intervista rilasciata al 'Corriere dello Sport – Stadio', Giovanni Galli, oggi politico italiano ma, spesso, opinionista televisivo nei programmi sportivi 'Mediaset', ha ricordato un episodio della sua carriera di portiere al quale è rimasto particolarmente legato: “La parata più bella della mia vita? Una decisiva che penso abbia cambiato il corso della storia di un club: il Milan. Mi riferisco ai rigori . Da quei rigori è nata la leggenda di quel Milan. Io, durante la partita, ero stato chiamato poco in causa, con la difesa e la squadra che avevo davanti. Ma nel momento in cui c'è stato bisogno mi sono fatto trovare pronto. Ho parato due rigori su quattro: abbiamo superato quel turno e poi vinto la Coppa Campioni. Poi abbiamo conquistato la Coppa Intercontinentale e la Coppa Campioni l'anno successivo”.

“Quella partita lì è stata un po' lo spartiacque della storia del Milan – ha concluso Giovanni Galli -, ma non soltanto per quei due calci di rigore. Successe di tutto: fu interrotta dalla nebbia, abbiamo corso il rischio , tre giocatori si sono infortunati per sei mesi: è stata veramente una partita allucinante, sotto tutti i punti di vista”.

Dopo aver definito “un mostro di bravura”, Giovanni Galli si è quindi soffermato a parlare di , attuale estremo difensore rossonero: “Due mesi fa mi chiamarono per chiedermi cosa ne pensassi del fatto che il giovane portiere del Milan avesse sbagliato due partite. Gli ho risposto: 'Pensate che a 17 anni questo ragazzo non debba mai sbagliare?'. Anzi, è bene che sbagli: perché capisce l'errore, soffre per l'errore e non perde la misura della crescita. Perché questo ci deve essere nel portiere. E ogni allenamento deve faticare, per cercare di costruire qualcosa. Di costruire un millimetro in una parata a sinistra, un millimetro in una parata a destra, un millimetro sulla palla alta, un centesimo di secondo nell'anticipo. Se si perde questo io credo non si abbia più la possibilità di migliorare. Io ho smesso quando non avevo più voglia di allenarmi. Ho visto tanti giocatori che hanno finito di giocare per motivi legati al fisico, agli infortuni, al fatto che non trovavano più squadra. Io, nel momento in cui la mia testa non pensava più ad andare all'allenamento per migliorarmi, ho deciso di smettere”.

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