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Gullit ricorda i suoi Milan-Napoli: “Maradona il più forte di tutti”

Daniele Triolo

Ruud Gullit, in un'intervista a 'Repubblica', ha ricordato il suo calcio, quello degli anni Ottanta, e le sfide del Milan contro il Napoli del Pibe de Oro

Ruud Gullit, oggi, ha 54 anni, vive ad Amsterdam e fa il commentatore televisivo. In una vita, però, non propriamente così lontana dall'attuale presente, è stato un grandissimo calciatore. Ha giocato, e vinto, moltissimo, dal 1987 al 1995, con il Milan di Arrigo Sacchi prima e Fabio Capello poi, oltre ad aver vinto, a titolo personale, il Pallone d'Oro nel 1987 ed essersi laureato Campione d'Europa con l'Olanda nel 1988.

Il 'Tulipano Nero', in un'intervista rilasciata a 'Repubblica', ha ricordato i Milan-Napoli dei suoi tempi: “Ci chiedevamo tutti come fermare Maradona. Per me è stato ed è il più grande. In tanti preferiscono Pelé. Ma io Pelé l’ho visto in tv mentre con Maradona ci ho giocato. Se mi dite di Messi e di Cristiano Ronaldo vi rispondo che loro possono dribblare, Diego no, doveva saltare per forza l’avversario, altrimenti gli avrebbero rotto la gamba, infatti Andoni Goikoetxea, il macellaio di Bilbao, gli fratturò la caviglia”. Maradona, dunque, meglio di Messi e Ronaldo? “Sì. Per genialità e generosità. Allora gli attaccanti non erano protetti dal regolamento. L’arbitro fischiava il fallo solo se le gente come me veniva abbattuta. Oggi per fortuna è diverso. Messi e Ronaldo hanno una squadra che lavora per loro, sono l’ultimo meraviglioso pezzo di una catena di montaggio, Maradona era solo, preda degli avversari. Buttarlo giù era una croce al merito. Un’altra cosa che mi piace di Diego è che nessuno dei suoi compagni ne ha mai parlato male. Significa che per loro c’era sempre”.

Gullit ha scritto un libro, “Non guardare la palla”, dove parla anche della furbizia nel calcio italiano, e, volente o nolente, la sua mente torna sempre agli epici duelli tra il suo Milan con il Napoli del Pibe de Oro: “Perdere lo Scudetto per una monetina e perché ad Alemao viene detto di restare a terra non mi ha fatto piacere. In Inghilterra certe cose non te le perdonano. Litigo anche con mio figlio Maxim, che gioca in Olanda e mi chiede: ma devo cercare di restare in piedi o di rotolare? Certe furbate ti fanno arrabbiare e ti senti frustrato”.

Infine, nel corso della lunga intervista su 'Repubblica', Gullit ha parlato anche di due aneddoti specifici accaduti nei suoi trascorsi rossoneri. Uno riguardante MilanLab e Paolo Maldini, l'altro una litigata furiosa avuta con Capello. “Dovevamo giocare con la Juve. Chiedo ad Ancelotti: come sono le condizioni di Maldini? La risposta è: Maldini è mentalmente stanco. Allora richiedo: Maldini gioca? E Ancelotti: ma cosa vuoi, certo che gioca. In Serie A non hai tempo di essere stanco. Io avrò giocato 10 partite senza infortunio, nelle altre o avevo uno stiramento o un’unghia blu, raramente sono stato bene al 100%. Questo significa che Big Data non può essere la Bibbia. Il vero potere è la mente che spinge a fare cose straordinarie anche se i dati dicono che non sei in forma”. Ed ancora: “Calciatori sempre più social? Altro problema, nessuno li educa alla comunicazione. Io feci una litigata pazzesca con Capello nello spogliatoio. Nessuno lo hai mai saputo, perché fuori non è uscito niente. Me l’ha ricordato Seedorf perché Capello ai tempi del Real ha raccontato l’episodio come esempio di buona gestione del dissenso”.

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