Il 'Corriere della Sera' oggi in edicola ha dato ampio risalto alla vicenda accaduta nelle ultime ore tra Paolo Di Canio, ex giocatore di tante squadre in Serie A, tra cui anche il Milan (due stagioni in rossonero, dal 1994 al 1996, con uno Scudetto) e Rafael Leao, attaccante del Diavolo già reduce da una marea di polemiche per il 'cooling break' dello stadio 'Olimpico', fatto in disparte con Theo Hernández e non a ridosso della panchina dell'allenatore Paulo Fonseca.
Proprio per questo Di Canio, negli studi di 'Sky Sport', domenica sera aveva condannato il gesto di due dei giocatori più rappresentativi del Milan. «Anche se succedesse al dopolavoro, mentre ci si diverte con gli amici e si paga il campo 10 euro direi a chi sta per i fatti suoi “vieni qui, stiamo parlando”. Qui, però, discutiamo di giocatori che guadagnano milioni. È una vergogna, una delegittimazione dell’allenatore. Ai miei tempi li avrebbero attaccati al muro e presi a cazzottoni».
Il monito di Di Canio non è piaciuto, oltre che al Milan (il quale si aspettava, durante la trasmissione, una presa di distanza degli altri partecipanti al dibattito), anche allo stesso Leao. Il quale, probabilmente preso dalla foga di replicare, prima ha fatto un retweet di un account che, nel nickname, insultava il proprietario del Milan, Gerry Cardinale. Poi il portoghese ha cancellato il post e usato soltanto la foto condivisa in precedenza.
Ovvero, quella di un Di Canio con il braccio teso, sotto la Curva Nord, dopo il derby tra la sua Lazio e la Roma vinto dai biancocelesti nel 2005. Con tre puntini di sospensione come didascalia. Come dire, ha commentato il 'CorSera', "senti da quale pulpito viene la predica: da chi si macchia di apologia di fascismo?". Il Milan avrebbe fatto volentieri a meno dell'ultima iniziativa di Leao.