Dopo tre anni con Stefano Pioli in panchina, il Milan è senza dubbio tra le formazioni più europee del nostro campionato dal punto di vista del gioco. I rossoneri riescono a mettere sotto ogni avversario, giocando un calcio all'avanguardia. Tutto merito, ovviamente, dell'allenatore. Sono quattro le caratteristiche principali, secondo , del gioco di Pioli in rossonero, che rendono il Milan una squadra così europea. Eccole.
RASSEGNA STAMPA
Milan, Pioli ha costruito una squadra europea in quattro punti
Gioco dominante
—Alla base di tutto c'è il gioco, come nel Milan è tradizione. Un tassello cardine e che è stato subito un'imposizione. Alla prima partita con Pioli in panchina, circa tre anni fa esatti, il Milan pareggia 2-2 col Lecce in casa. Un risultato negativo e con un Milan molto diverso da quello di oggi per giocatori e modulo, ma con delle idee ben chiare dal principio: gioco dominante. Theo Hernandez, francese classe 1997 all'epoca ancor più giovane, era sempre alto; l'impostazione era con difesa a tre; la ricerca di superiorità in zona del pallone costante. La strada è tracciata ed è in linea con ciò che la storia del Milan vuole: dominio del gioco ovunque e ricerca della verticalità costante. Per raggiungere risultati in Champions League ce ne vuole, ma il Milan è ormai una squadra molto europea, crescita anche grazie agli incidenti di percorso. Questo è un Milan che va ad Anfield a giocarsela a viso aperto e perde solo 3-2 rischiando di vincere, che batte la Dinamo Zagreb in casa dopo nove mesi che non perdeva tra le mura amiche. Non è una squadra in grado di fare catenaccio e contropiede come altre italiane nelle competizioni europee e per questo non si può pensare al pareggio all'ultima giornata. Deve sempre giocare per vincere.
Mentalità offensiva
—Il gioco ha portato poi ai risultati grazie alla crescita dei giocatori, così è poi aumentata la fiducia e l'autostima. Il lavoro di Zlatan Ibrahimovic, svedese classe 1981, a riguardo è stato eccezionale, soprattutto all'inizio. Si è creata dunque una mentalità vincente, che ha portato allo Scudetto: una mentalità offensiva. Niente contropiede, si gioca sempre all'attacco. Anche dopo un gol, mai chiudersi, ma continuare ad attaccare. Martedì sera, dopo quattro reti, tante volte è stato sfiorato il quinto gol. Perché in Europa funziona così, si vince largo. Non è un caso che il Napoli, squadra molto simile ora, si sia qualificato con un turno di anticipo e la Juventus, la più italiana di tutte, sia fuori. Mentalità offensiva e mentalità vincente, significa anche non lamentarsi degli assenti e fidarsi dei presenti.
Intensità atletica
—Si parla tanto di infortuni, ma il Milan ha una condizione atletica invidiabile. I rossoneri corrono per novanta minuti su tutto il campo, senza mai fermarsi. A questi ritmi è anche normale avere qualche infortunio in più. Ritmi alti dal primo all'ultimo: intensità. La differenza rispetto alle squadre estere sotto questo punto di vista è stata limata dal Milan, che di intensità ne ha da vendere. È una delle squadre che recupera più palloni in zona offensiva. Una pressione costante e perfettamente organizzata, che ha in Sandro Tonali, classe 2000, il volto della squadra. Anche però Ismael Bennacer, algerino classe 1997, non scherza. L'età media bassa aiuta certamente per capacità fisiche e per motivazioni a tenere un'intensità alta, ma il lavoro di Pioli è evidente. Può sembrare paradossale che il Milan sia 16° su 20 squadre per km percorsi, ma è in realtà ovvio: se recuperi palla prima, devi correre meno all'indietro e in avanti. Si corre poco perché si corre bene e si occupano tutti gli spazi. All'estero sono un esempio, il Milan è sulla strada giusta, ma può crescere ancora.
Giovani e rincalzi
—Per tenere certi ritmi serve avere a disposizione una rosa ampia e che dia garanzie. Nel corso di una partita chi entra dalla panchina deve essere pronto a fare la differenza e continuare a correre come il compagno che è uscito. Sulla carta la rosa del Milan sembra essere meno profonda, completa e forte di altre. Però anche qui meriti a Pioli: fa crescere i giocatori. Così chi sembra, dal nome, non essere fortissimo, poi si rivela eccellente in campo. Pioli sa i margini di miglioramento dei propri giocatori e li prevede. È successo con Bennacer quest'anno, con Tonali e Rafael Leao l'anno scorso. In particolare aveva previsto l'esplosione del portoghese classe 1999 e i fatti gli hanno dato ragione. Ora l'ultima sfida è Charles De Ketelaere, classe 2001 belga che sembra in difficoltà psicologica. Siamo sicuri che Pioli saprà risolvere anche questo problema e il Milan troverà un grande campione. Ma non gli si regala nulla: gioca chi sta meglio e ora Brahim Diaz, spagnolo casse 1999, sta meglio. Ecco perché il gruppo segue l'allenatore. Le conoscenze e gli insegnamenti di Pioli portano a crescere tutti, da Pierre Kalulu, altro classe 2000 francese, a Matteo Gabbia, classe 1999. LEGGI ANCHE: Le donne, i dispetti di Ibra, la cazziata di Gattuso: i 30 anni di El Shaarawy
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