Ibra è entrato, ha abbracciato il Presidente Paolo Scaroni, l'amministratore delegato Giorgio Furlani, il direttore tecnico Paolo Maldini e il direttore sportivo Frederic Massara. Inizialmente ha tenuto il pianto, poi alla fine ha ceduto. Anche Dio, dunque, può essere umano. Quindi, ha preso il microfono e ha parlato.
Le parole di Ibra sul prato di 'San Siro'
—«La prima volta che sono stato qui mi avete dato felicità, la seconda amore. Ringrazio la mia famiglia e tutti quelli che mi stanno vicini per la pazienza. Poi la mia seconda famiglia, i giocatori, il mister, il suo staff, i dirigenti per l’opportunità. Ultimi, ma più importanti nel mio cuore, voi tifosi. Mi avete ricevuto a braccia aperte, fatto sentire a casa. Sarò milanista per tutta la vita. Ora è arrivato il momento di dire ciao al calcio, non a voi. Troppa emozione. Ci vediamo in giro, se siete fortunati. Forza Milan e arrivederci».
Per 'La Gazzetta dello Sport' qualche avvisaglia, sul ritiro di Ibrahimovic, c'era stata già nel pre-partita, quando sono partiti i primi cori della Curva Sud: ha applaudito per ringraziare, ha fatto il gesto del cuore, ha mandato un bacio ai tifosi. Poi si è alzato più volte, ha cercato di trattenere l'emozione. Missione fallita. A 41 anni Ibrahimovic ha detto basta, ed è normale. Meno normale, però, per la 'rosea' è stato lasciare ciò che ha dato lui.
È stato un calciatore unico e speciale
—Ibrahimovic, infatti, piaccia o meno, è stato un calciatore unico. A 38 anni scelse, nuovamente, il Milan perché gli offriva una sfida. Sfida vinta, anche se poi ha dovuto cedere il passo all'avanzare dell'età. Nelle vecchie e nuove generazioni rossonere, ad ogni modo, Zlatan sarà sempre un punto di riferimento. Una presenza invisibile, una divinità. Ciao Ibra: come cambia l'attacco del Milan >>>
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