Il suo approdo al Milan fu un colpo di genio di Ariedo Braida, nonostante lo scetticismo iniziale di Silvio Berlusconi, che preferiva Ian Rush. Già dalla prima volta a Milanello, la sua classe era evidente. Gli allenamenti erano una danza: dribbling, finte e tiri da far rabbrividire. La sua magia si manifestò in una notte indimenticabile a Barcellona, dove contribuì a conquistare la Coppa dei Campioni. "Sembrava di correre spinto da una mano invisibile"ricorda Marco.
Dietro la figura del campione, c'era un uomo complesso. Marco e l'allenatore del Milan, Arrigo Sacchi, non avevano mai avuto un certo feeling, aspetto che Marco non ha mai e poi ai nascosto. Pur riconoscendo il valore dell'allenatore, ha sempre mantenuto una critica verso il suo modo di gestire i rapporti umani.
Marco van Basten non è solo un grande del calcio, ma un simbolo di resilienza e autenticità. La sua carriera è stata segnata da innumerevoli successi straordinari, ma anche da un viaggio personale molto difficile. Ha mostrato come la grandezza in campo possa coesistere con fragilità e vulnerabilità. Il tempo non può cancellare l'eredità di un dio del calcio, il cui impatto rimarrà indelebile nel cuore dei tifosi e nella storia dello sport. LEGGI ANCHE: Milan, Tassotti ‘difende’ Leao e richiama Fonseca: le parole del grande ex >>>
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